Sanremo, serata tre: Paola Egonu sulla scia di Drusilla piace e fa anche meglio della Ferragni

Serata con tutti i 28 e con l’energia a mille dei Måneskin. La pallavolista ha presentato con la disinvoltura di quando schiaccia sotto rete: «Ho trasferito la diversità nella mia unicità»

Gian Paolo Polesini

I Måneskin tornano a casa, che poi è quasi il titolo di una loro hit, ma i quattro italiani più ascoltati al mondo mettono fuori la testa a X-Factor, all’Ariston vincono già famosissimi nel ventuno e nel ventidue tornano con più glamour di quest’anno e ormai vederli fa sempre meno notizia nonostante sprigionino rock come poche band in giro per il globo.

La terza tornata del brand ligure è un’esagerazione di musica, tutti i ventotto in fila per farsi sentire e conoscere, che poi è l’unico trucco perenne del festival che contempla un ascolto multiplo per cominciare a comprendere il ritmo delle canzoni.

La quinta serata qualche brano già lo si ama, dopo averlo odiato per due sere, parecchi altre li canti mentre ti radi avendo finalmente raggiunto l’ippocampo, ovvero quella parte del cervello che conserva la memoria e poi è fatta.

Dal lunedì del post festival fino all’estate la compilation marcia, le radio pompano a bestia, Spotify e iTunes si collegano coi timpani tuoi e così va la faccenda canzonettara di un made in Italy che almeno in questo funziona.

Sanremo Top e Flop: "Una classifica indigesta come Siani alle 2 di notte"

Non certo per le nostre deviazioni, che comunque abbondano, ma ormai Sanremo si fa esaltare, nel bene e nel male, solamente se accade qualcosa che vola ben oltre la musica, che una rivelazione “da prima pagina” non riesce mai a produrla.

Il pensatoio femminile sanremese produce buona materia di dialogo e soprattutto fornisce ottimi titoli.

Capita che una grande pallavolista, la Paola Egonu, si ritrovi sul palco più bollente della penisola, ma per lei è come stare sottorete. Una scioltezza che equivale a una schiacciata a oltre cento all’ora.

Morandi deve salire sul cubo per arrivare in quota e almeno guardare in faccia la signorina di 1.93, a suo agio col cartoncino da leggere per il rito del canta e dirige, molto più in agio di tante altre stanghe, tutte un po’ più basse, passate di lì negli anni perché quello sapevano e sanno fare.

Ci aspettavamo il “pippone”, ma non vuol essere un sinonimo spregiativo, assolutamente no, è un modo di dire comodo e chiaro sui rododendri espulsi dalla ragazze di Sanremo che perlopiù si occupano di donne.

La Egonu, come già annunciato nella giornata di ieri (9 febbraio) sui siti web, nonostante indossi «orgogliosa la maglia della nazionale» un po’ razzisti ci considera, anche se in via di miglioramento. Il messaggio è stato: «Siamo tutti uguali oltre le apparenze». Qualche falange idiota che non la pensa così esiste, ma credo si stia isolando da sola.

«A volte mi sento diversa, la versione sbagliata di me stessa, confessa, ma ho cominciato a trasferire la diversità nella mia unicità», prendendo in prestito il deciso insegnamento di Drusilla, che lo scorso anno lo lanciò all’Ariston e ancora ci vaga nell’anima.

Per il resto la terza non ha fornito buona materia per lo scrivano, a parte un Grignani che sebbene non si sentisse in cuffia si è fermato, scusandosi. Hai capito ragazzo Blanco come si fa? Null’altro. Però qualcuno dice di averlo sentito bestemmiare. Boh.

Oddio, sì, i ventotto. Vabbè che vuoi ancora dire di loro? Mengoni ha dato l’idea di volersi riprendere il titolo, così a occhio e croce. Vedere Leo Gassmann in canottiera, come l’anno scorso il tristissimo Giovanni Truppi, ci ha davvero rattristato. Il nipote di Vittorio esibisce muscoli, va bene, ma resta comunque in punizione.

All’alba si sono degnati di fornirci la classifica dei televotanti da casa più giuria demoscopica.

Ecco i primi dieci:

  • Mengoni,
  • Ultimo,
  • Mr.Rain,
  • Lazza,
  • Tananai,
  • Madame,
  • Rosa Chemical,
  • Collapesce e Dimartino,
  • Elodie,
  • Giorgia

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto