L’Austria preferisce l’”usato sicuro” e vota “Sasha”

Alexander Van der Bellen ce la fa già al primo turno. Il 54,6 degli austriaci ha votato per lui. Resterà inquilino della Hofburg – il palazzo imperiale che dal 1920 ospita la Presidenza della Repubblica austriaca – anche nei prossimi sei anni.

Il risultato era abbastanza prevedibile, anche se non scontato. Nella storia delle elezioni presidenziali era andata sempre così. I presidenti in carica che si erano ricandidati per un secondo mandato erano sempre stati rieletti. Era accaduto con il predecessore di Van der Bellen, il socialdemocratico Heinz Fischer, e con il predecessore del predecessore, il diplomatico Thomas Klestil, proposto dall’Övp (Partito popolare).

Questa volta il dubbio riguardava soltanto il superamento della soglia del 50%, necessaria per essere eletti al primo turno, senza dover ricorrere al ballottaggio. Van der Bellen partiva sicuramente in vantaggio, ma doveva vedersela con ben sei sfidanti, un record nella storia austriaca.

I competitori erano a dir poco modesti (la stampa austriaca li aveva definiti “nani”), ma erano tanti e insieme avrebbero potuto superare il 50%. Invece già il primo exit poll, poco dopo le 17, a Van der Bellen veniva attribuito il 54,6%, risultato confermato nel corso della serata.

Le ragioni del successo sono molteplici. In primo luogo, come abbiamo detto, il fatto di essere il presidente uscente e gli austriaci, tradizionalmente conservatori, hanno preferito l’”usato sicuro”, anziché avventurarsi su strade nuove. Ma Van der Bellen è un esponente del movimento verde che già al tempo in cui era attivo in politica (per 9 anni portavoce dei Grünen e loro leader in Parlamento) aveva saputo rassicurare l’opinione pubblica: ambientalista sì, ma non un “chaoten” (estremista e confusionario) come erano stati i suoi predecessori. Aveva suscitato allora – e lo ha fatto anche nei sei anni di presidenza – l’impressione di un moderato professore universitario di economia e finanza, sensibile ai temi verdi (ambiente, immigrazione, superamento delle disparità), ma senza atteggiamenti barricadieri.

Di queste sue qualità aveva dato prova anche durante il mandato presidenziale, uno dei più difficili della storia austriaca, con crisi politiche mai viste prima e cambio di ben cinque cancellieri. Ha saputo gestire l’emergenza, prendendo la parola, quando andava presa. Ma non sempre. Gli si rimprovera, per esempio, di non aver aperto bocca, dopo che erano venuti alla luce gli scandali che avevano coinvolto il cancelliere Sebastian Kurz e il suo “cerchio magico”.

Nei sei anni che ha davanti a sé potrà fare tesoro dell’esperienza acquisita. Van der Bellen – che i suoi amici chiamano affettuosamente “Sasha”, vezzeggiativo russo di Alexander (i genitori erano arrivati a Vienna nel 1944 profughi dalla Russia) - tra pochi mesi farà 79 anni e alla fine del mandato ne avrà 84. Sarà il più vecchio presidente in carica.

Che dire degli avversari? Sapevano tutti di non farcela, ma si sono fatti avanti lo stesso, perché per candidarsi bastano 6.000 firme. Anche senza spendere un euro nella propaganda, si ottiene gratis una presenza in tv e sui giornali altrimenti inimmaginabile. Quasi tutti lo hanno fatto proprio per questa ragione. Solo il candidato dell’Fpö (estrema destra sovranista), Walter Rosenkranz, si era impegnato sul serio, investendo 3 milioni, molto più dello stesso Van der Bellen. Soldi buttati, ma che gli hanno dato visibilità, in vista di futuri progetti politici.

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