A 80 anni ha scoperto la pittura, un suo dipinto è ora esposto a Venezia

PORDENONE. Si scopre pittrice a 80 anni e oggi, che ne ha 92, uno dei suoi dipinti, “Il gialut” (il gallo) – un acquerello a tecnica mista su cartoncino –, è esposto alla 15ª edizione della Biennale internazionale di architettura, aperta sino al 27 novembre alla Fondazione Isola San Servolo di Venezia.
Lei è Ada Perin di Cordenons, madre di Dino, ex parlamentare, Elio, ex presidente della Provincia e attuale consigliere regionale, e Mario De Anna. E’ nonna di cinque nipoti e bisnonna di una pronipote.
Una storia, quella di Ada, che testimonia come non sia mai tardi per scoprire di sé doti mai espresse prima e per tornare a “scuola” dopo che da bambini non si aveva avuto la possibilità di farlo perché costretti a lavorare nei campi. Ada i pennelli e i colori li ha presi in mano per la prima volta una decina di anni fa, quando con il marito Giacinto “Cinto” De Anna, scomparso nel 2011, decise di iscriversi all’Università della terza età e degli adulti di Cordenons.
«Volevo imparare l’inglese – racconta l’anziana donna – per comunicare con i miei parenti, le mie sorelle e i nipoti, che vivono tutti in Canada. Di inglese ho imparato poco, ma mi iscrissi anche a un laboratorio di pittura tenuto dalla maestra Antonietta Colussi e ho scoperto che dipinger mi riesce naturale». L’ammiratore più appassionato dei suoi acquerelli era il marito.

«Ce fastu?», le chiedeva in folpo quando la vedeva intenta a dipingere su ogni foglio che aveva sotto mano prendendo spunto da ciò che la circondava: dipingeva tratti unici, senza nessuna copiatura. «Ce biel, va in devant», la esortava, guardando fiori e paesaggi prendere forma sul foglio. «Da quando mio marito non c’è più – spiega Ada – non dipingo, non ne ho più voglia. Lui era un uomo che amava il bello e che ha sempre avuto cura di me».
Tra gli oltre 200 cartoncini da lei realizzati in quegli anni, tuttavia, tre in particolare, risalenti al 2007 e raffiguranti un gallo, hanno casualmente attirato l’attenzione del pittore spilimbergese Cesare Serafino, amico di famiglia.
E’ stato lui a coglierne l’originalità e a esporli in un paio di collettive di prestigio. Il salto di qualità però è rappresentato dall’esposizione alla mostra “Senza terra/Without land”, evento collaterale della Biennale, in cui Ada Perin è finita in mezzo ad artisti del calibro di Nada Vigo, Franco Fontana, Simon Benetton, Alviani e Altan.
«L’ho disegnato per un compito in classe – racconta – e mi sono ispirata al gallo simbolo dell’ex manifattura Ceramica Galvani di Pordenone. Ho preso il pennello, l’ho intinto nell’acquerello e, tic tac (mima il gesto con la mano), il gallo è uscito fuori. Pareva facesse chicchirichì. Nessuno mi voleva credere che non lo avevo copiato, così alla lavagna l’ho riprodotto e in pochi minuti l’ho ridisegnato uguale».
Ne “Il gialut” di Ada Perin c’è l’attaccamento alla sua terra, Cordenons, dov’è nata e sempre vissuta. «In famiglia eravamo in quaranta – spiega – e lavoravamo come fittavoli le terre dei Galvani. Per contratto, i figli dopo la quinta elementare dovevano lavorare anche loro nei campi e così è successo pure a me».
Unica della famiglia a non emigrare in Canada, Ada restò a fianco del marito che a Cordenons gestiva un Consorzio agrario. «Avrei voluto studiare – racconta oggi – e non ho potuto farlo, ma ho sempre pensato che lo studio era la più importante risorsa per una persona, prima ancora dei beni materiali».
E’ per questo che quando il figlio Elio le manifestò l’intenzione di portare avanti l’attività di famiglia lei si oppose. «Mio marito mi disse – aggiunge – che, se volevo che studiasse, sarei stata io a dargli una mano in negozio: da allora l’ho fatto ogni giorno e non me ne sono pentita. I miei figli hanno studiato e non ci hanno mai delusi».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto