A 84 anni torna al lavoro: «Riapro la pasticceria per sfornare ancora i dolci della tradizione»

Luigi Zambon, con la moglie Margherita, dà vita a un forno artigianale. «La torta di Spilimbergo è conosciuta ovunque, per gli emigranti è un pezzo di Friuli» 

SPILIMBERGO. «Alzarsi presto al mattino e lavorare tanto»: è questo l’elisir di giovinezza di Luigi Zambon, maestro pasticcere che a 84 compiuti non ha propria voglia mollare. E anzi ha deciso, dopo qualche anno di stop di “rimettersi in gioco” con un nuovo progetto.

Un laboratorio artigianale con sede nella propria abitazione di Gradisca di Spilimbergo in cui, assieme alla moglie e socia Margherita Volpe, ridarà vita alla sue creazioni, dalle torte classiche ai pasticcini da tè, ai dolci tradizionali festivi passando per il carnevale, senza dimenticare le tortine salate, pizzette e tartine ma in particolare il conosciutissimo “Dolce di Spilimbergo”, che Zambon ha realizzato per oltre mezzo secolo, di cui ha registrato e depositato il marchio, e di custodisce ogni segreto. “Dolce di Spilimbergo” ormai introvabile sul mercato dal momento in cui, nel dicembre di quattro anni fa, Zambon, patron della storica “Pasticcera Nova” di via XX settembre, nel cuore della città del mosaico, ha deciso di chiudere la sua attività.

Il “Dolce di Spilimbergo” è un dolce leggero e delicato che ben si sposa con i vini friulani e con tutti i grandi vini da dessert. Non contiene liquori ne farciture, la sua composizione è semplice e nello stesso tempo raffinata. Una sfoglia leggera con un cuore di crema di mandorle, «crema perché – dice il maestro pasticcere – la lavorazione delle mandorle (di produzione italiana) viene fatta con un procedimento di macinatura e di impasto che fa si che il dolce uscito dal forno abbia appunto un cuore morbido e fragrante».

Un dolce che per decenni ha incontrato il gusto della gente, facendosi conoscere anche fuori dai confini del Friuli. Infatti, per le sue proprietà, si prestava ad essere inviato ovunque, su richiesta, tramite spedizione postale tanto che, molti, sono stati gli emigranti o figli di emigranti che, dalle Americhe in particolare, ma anche da Australia e Asia, ne richiedevano l’invio per avere un “pezzo” di Friuli e, di Spilimbergo in particolare, sulla propria tavola. “Pezzo” di Friuli e, di Spilimbergo, in particolare, che a breve sarà di nuovo disponibile.

A dire il vero, una volta cessata l’attività, pur di non disperdere questo piccolo, grande tesoro della tradizione culinaria “made in Spilimbergo” Zambon lanciò la proposta prima di vendere l'attività, dando la sua piena disponibilità a trasmettere i trucchi del mestiere a chiunque si fosse seriamente interessato a ereditarli, quindi non avendo incontrato nessuna offerta concreta, propose ai colleghi della zona di vendere loro la ricetta del “Dolce di Spilimbergo”.

Anche in questo caso nonostante più di qualcuno si sia fatto avanti, nulla si è concretizzato, e Zambon, non ha potuto fare altro che, a malincuore, ritirare la propria offerta. Ma quel “Dolce di Spilimbergo” nessuno l’ha mai dimenticato. E allora perché non farlo rivivere? 

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