A 98 anni sfila con gli alpini: a Milano c’è anche Ottavio, il reduce di Nikolajewka

Tra le 500 mila penne nere ha attraversato il capoluogo lombardo a bordo della campagnola, in piedi: «Anche quest’anno ce l’abbiamo fatta» 

Ottavio Pes, il reduce 98enne che arriva a Milano per sfilare con gli alpini

MILANO. «Anche quest’anno ce l’abbiamo fatta», dice con un sorriso e gli occhi lucidi. È arrivato a Milano sabato pomeriggio, Ottavio Pes, “scortato” dagli alpini del gruppo Ana di Vigonovo di Fontanafredda che lo considerano molto più di un padre. E non solo loro.

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Nato a Fontanafredda il 23 marzo 1921, a 98 anni non ha inteso disertare l’evento nazionale del centenario. Ha partecipato alla sfilata a bordo della campagnola del gruppo, ma non si è voluto sedere. Ha salutato la gente lungo il percorso in piedi, «come un papa», per dirla con le parole della gente che si è spellata le mani per applaudire i pochi, oramai, reduci alpini.

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Alpino della Divisione Julia, 8º reggimento, battaglione Tolmezzo, 114ª Compagnia, reduce di Grecia, testimone del siluramento della Galilea, sopravvissuto sul Don e superstite di Nikolajewka. Un “curriculum” impossibile da dimenticare. «Il 17 dicembre cominciò la ritirata – racconta –. Nella vallata del Kalitwa feci in tempo a passare e a raggiungere la Sussistenza, tanti altri vennero bloccati dai russi. Il giorno dopo i camion erano fermi, senza carburante. Incontrai i compaesani Nani Cimolai, Coleto de la Guardia, Nicola Giol. Fu Nani a salvarmi la vita, a trascinarmi per evitare che mi addormentassi e quindi rischiassi di morire.

Il 21 lo persi di vista. Il 25 gennaio camminai tutto il giorno, il 26 ci spararono, mi buttai tra i campi. Le slitte trainavano i malati, coperti, ma i conducenti spesso scappavano, lasciandoli al gelo». «Arrivammo a Bielgorod dopo 14 battaglie – prosegue –, eravamo fuori dalla sacca. I tedeschi, il 31 gennaio, ci mandarono alla ferrovia, una tradotta ci portò a Karkov, in ospedale. Congelamento di secondo grado ai piedi. Dopo giorni e giorni di viaggio, arrivai a Rimini».

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Dopo la convalescenza lo mandarono a Drenchia. «All’armistizio – conclude – ero finalmente tornato a casa, a piedi. Eravamo partiti in 16 mila, con la Julia, in 10 mila non tornarono». A ogni modo domenica è stato il giorno della festa, degli onori a un grande alpino. E anche la tiepida Milano gli ha fatto sentire tutto il suo affetto.

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