A Gemona nell’ospedale distrutto, l’esperienza delle infermiere del reparto psichiatrico

«Un uomo dalla casa di riposo cadde con il letto nel nostro reparto»

I volti del terremoto sono anche quelli delle infermiere che la notte del 6 maggio erano in servizio nel reparto psichiatrico dell’ospedale di Gemona. Andreina Cargnelutti e Lorenza Londero stavano preparando i pazienti per la notte quando avvertirono la prima scossa. «Usciamo» disse alla collega, ma un attimo dopo rientrarono perché per le ammalate era l’ora della cena.

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Arrivò la seconda scossa mentre le due infermiere giravano l’angolo. Videro il pavimento inclinarsi, una poltrona arrivò addosso a Lorenza e la suora cercava disperatamente l’uscita.

«Sembrava che il muro ci venisse addosso» raccontano con il pensiero rivolte alle pazienti indifese che pochi minuti dopo iniziarono ad accompagnare nel cortile. Non era facile, molte rientrarono quasi immediatamente. Non accettavano di abbandonare le loro stanze che in quelle circostanze erano diventate una sorte di rifugio.

Due rimasero dentro l’ospedale danneggiato, situato nel centro storico crollato. «Quella notte vedevamo solo bagliori, c’era molto fumo, all’una crollò il castello». Dai racconti delle infermiere si percepisce il dramma che le unì alle pazienti più deboli di tutto l’ospedale.

Fu una notte terribile, mancava l’acqua e alle ammalate davano quel che era rimasto del te preparato molte ore prima. Il giorno dopo furono tutte trasferite nell’ospedale psichiatrico di Sant’Osvaldo a Udine, alcune a Sottoselva, Volterra e Gorizia.

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Le due infermiere portano impresse nelle mente i volti di quelle donne assieme a quello dell’anziano ricoverato nella comunicante casa di riposo che piombò con il letto all’interno dell’ospedale.

Non dimenticano neppure la collega di Medicina che non accettò di cambiare il turno con una di loro perché aveva l’appuntamento con il parrucchiere.

Con i capelli a posto passò dalla madre e qui morì sotto le macerie. I ricordi riaffiorano pure nella mente di Luigia Cargnelutti anche se la sera del 6 maggio aveva già finito il turno in ospedale.

Lei non riesce a dimenticare il rumore delle frane, ricorda l’organizzazione della Chirurgia nelle tende e della sala operatoria nell’ospedale da campo.

 

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