«A Gemona vedemmo le case gonfiarsi e cadere»
GEMONA. Il racconto del 6 maggio 1976 comincia spesso dall’aria afosa, come se ci fosse un unico ricordo collettivo. Invece ogni persona è custode delle proprie paure.
Aldo Segale e la sua famiglia, udinesi, in quella sera di maggio si trovavano a Gemona per un tagliando alla macchina. Alle 21, dopo aver cenato in una pizzeria, si diressero verso l’auto: Nicoletta, sua figlia, aveva due anni e scalpitava perché voleva tornare a casa. Così lei e sua madre Liliana si sedettero sul sedile posteriore e Aldo partì.
«A un certo punto vedemmo le case gonfiarsi e sprofondare in un cumulo di pietre e polvere - racconta Aldo - la nostra auto si schiantò contro una casa crollata. Il parabrezza era volato, le portiere bloccate e il sedile lato passeggero sfondato da un grosso masso. Uscimmo dal lunotto posteriore. La terra brontolava sotto ai nostri piedi. Da una casa vicina venne verso di noi un’anziana, si chiamava Maria, era con un’amica francese: le portammo con noi».
Le grida e le imprecazioni di chi era in piedi si confondevano con i lamenti di chi era imprigionato tra le macerie. Con difficoltà Aldo con moglie e figlia raggiunse Campolessi, qui trascorsero la notte nell’orto di alcuni amici: «Passammo un paio d’ore tra i sussulti della terra su dei materassi di fortuna, poi tornammo sulla Pontebbana per cercare un passaggio».
C’era molto traffico, così Aldo improvvisò un autostop distribuendo biglietti con su scritto l’indirizzo di casa. Si fermò un automobilista e tornarono a Udine. Il pensiero di quella gente rimasta senza casa tormentava Aldo. Il giorno tornò a Gemona, dove morte e distruzione raccontavano la notte precedente.
«La vettura fu recuperata dal concessionario - racconta - io andai con il furgone a Billerio, frazione di Magnano in Riviera. Per 10 giorni ho dato una mano lì: la mattina caricavo acqua, pane e medicine. La sera rientravo. Il furgone per un paio di settimane è stato la nostra casa».
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