A piedi 1.100 km nel deserto «Il mio viaggio all’inferno»

L’aveva sognato sin dall’età di 7 anni, quando gli era capitata sotto gli occhi una fotografia dell’Empty Quarter, il “Quarto vuoto”. L’aveva rimirata e aveva immaginato, già allora, di poter diventare la prima persona al mondo ad attraversare il re dei deserti in Arabia Saudita in tutta la sua lunghezza, da ovest a est, a piedi. Da quel momento tutta la vita di Max Calderan, oggi cinquantaduenne, nato a Portogruaro, cresciuto a Pordenone e ora residente a Udine, è diventata una preparazione per la realizzazione di questo sogno che sembrava impossibile.
In età adulta la decisione di trasferirsi nella penisola araba per essere più vicino a questo deserto, di cui aveva sempre ha sentito il richiamo per il suo messaggio di pace e fede nella divinità della natura.
Alle 11.30 di domenica 2 febbraio, il sogno è diventato realtà. Calderan ha concluso con successo la traversata del deserto del Rub Al Khali, giungendo all’rrivo dopo aver coperto oltre 1000 km a piedi lungo il “Quarto vuoto”. Partito col suo team giovedì 16 gennaio, Calderan ha portato a termine l’impresa in 18 giorni.
Gli ultimi 200 km hanno riservato le insidie maggiori per Max, a causa di condizioni naturali al limite della sopravvivenza. «L’ultimo tratto l’ho affrontato in totale solitudine, il mio team mi aspettava all’arrivo e persino la società saudita che gestiva logistica e sicurezza si è rifiutata di procedere a causa della pericolosità del percorso» ha raccontato Max. Il deserto l’ha messo in pericolo di vita a causa della temperatura in salita e della sabbia bollente. Inoltre le dune di quel tratto si sono rivelate molto più imponenti e difficili da scalare rispetto a quelle affrontate in precedenza.
«È stato un viaggio all’inferno – ha proseguito Calderan raccontando l’impresa –. Per procedere lungo il percorso programmato ho dovuto fare molte deviazioni a causa di alcune dune impossibili da superare. Mi trovavo in uno stato di profonda allucinazione». Scoraggiato e sfiancato fisicamente, Max ha raccontato di aver più volte instaurato un dialogo personale con il deserto: «Gli ho detto “Ok, hai vinto tu. Hai piegato il mio corpo ma lascia almeno continuare il percorso alla mia anima per poter condividere quest’esperienza col resto dell’umanità”».
In un grave stato di alterazione psicofisica dovuta alla disidratazione, Max è riuscito a raggiungere il punto d’arrivo con le sue ultime forze. Ad attenderlo, nei pressi di una piattaforma petrolifera saudita, c’era il suo team di “angeli custodi”: «Vedere in lontananza le sagome del mio team è stato come vivere in un sogno, mi sono sentito un miracolato».
L’impresa di Max ha sconvolto anche i poliziotti alla frontiera che lo hanno intercettato all’arrivo: «Erano increduli quando gli ho detto che avevo appena concluso la traversata del “Quarto Vuoto”. Non riuscivano a credere che stessi camminando da 1000 km. In breve sono arrivate altre auto della polizia con cui abbiamo festeggiato. Ci hanno offerto cibo e acqua, sono stati gentilissimi e alla fine abbiamo scattato una bellissima foto ricordo».
Nel corso dell’impresa Max ha attraversato uno degli ultimi angoli della terra rimasto inesplorato, il deserto del Rub Al Khali. Sfortunatamente l’esplorazione non ha prodotto scoperte rilevanti di carattere scientifico, a causa dell’assenza di campioni genetici da poter raccogliere nel deserto. Tuttavia Max ha riscontrato una profonda diversità del territorio rispetto a quanto segnalato sulle mappe satellitari. Ha marcato oltre 100 punti d’interesse lungo il percorso, rinominato la “Calderan Line” in onore di quanto da lui compiuto. “Calderan Line” che verrà inserita a breve nelle cartine geografiche dell’Arabia Saudita.
«In queste ore sto tornando a Dubai e ancora non posso credere a quello che abbiamo fatto, i grattacieli della città mi sembrano finti – ha detto ancora Calderan –. Da oggi nulla sarà come prima per me. La prima cosa che farò in albergo sarà una doccia, momento che ho desiderato a lungo ma che al tempo stesso mi rende triste perché sarà come scrollarsi di dosso quest’avventura che con grande sacrificio mi sono vestito addosso».
La storia di Max diventerà un documentario. dallo scorso 15 gennaio una troupe dell’Empty Quarter Studios, casa di produzione che ha base tra New York e Londra, l’ha seguito nel suo viaggio e in “Into the lost desert – Nel deserto perduto” ha registrato il suo tentativo di tagliare trasversalmente quest’ultima frontiera terrena. Il documentario si propone di invitare il pubblico internazionale a scoprire, con Max, uno degli ultimi angoli sconosciuti del nostro pianeta. Diversi celebri esploratori avevano attraversato piccole parti del deserto con cammelli o con fuoristrada, ma nessuno lo aveva mai prima d’ora percorso, da solo, per tutta la sua lunghezza. —
A.B.
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