A Sacile la scuola dice no al panino portato da casa

La protesta dei genitori che fanno riferimento alle recenti sentenze in materia Ci sono problemi per il reperimento di locali adeguati e per la vigilanza

SACILE. La vittoria del “panino libero” portato da casa alla mensa scolastica è certa nei tribunali. Non così a Sacile. I genitori hanno chiesto di poter far mangiare agli alunni il cibo portato da casa quando ci sono i rientri pomeridiani: impossibile, secondo la scuola. «Il bambino e la famiglia hanno diritto a scegliere di portare a scuola il panino da casa per la pausa pranzo – ha valutato Alessandra Antoniolli con altre mamme –. Non dovrebbe essere obbligatorio il pasto cucinato dall’azienda di ristorazione».

L’appalto della ristorazione nelle scuole statali d’infanzia, primarie e secondarie vale 2 milioni 808 mila euro in cinque anni. La scadenza è nel 2017-2018. Intanto, i pasti non pagati nella mensa scolastica per il 2015-2016 ammontano a 30 mila euro. Il Comune di Sacile paga i relativi debiti: nel 2015 circa 12 mila euro. Ci sono tante famiglie che non riescono a coprire le spese dei pasti.

No al panino. «Il confronto con il dirigente Claudio Morotti ha messo in evidenza problemi per il reperimento dei locali a scuola dove consumare il pasto portato da casa – l’assessore all’istruzione Carlo Spagnol si è attivato per dare risposte alle famiglie –. Il secondo aspetto emerso è quello della vigilanza: la scuola non ha personale per raddoppiare la mensa o scaldare i pasti portati da casa».

La corte d’appello ha deciso, però, che le scuole debbano rispettare le richieste dei genitori che non vogliono il servizio mensa. Il tribunale civile di Torino ha rigettato il ricorso del ministero dell’Istruzione e il futuro è quello del panino fai da te: costa meno del pasto, dicono tanti genitori.

A Sacile il pasto in refettorio ha costi ridotti, mediamente 3,22 euro: è scodellato tutti i giorni nelle sezioni di infanzia e in ogni giorno di rientro negli altri ordini di scuola.

Sentenza doppia. Il tribunale civile di Torino ha rigettato il ricorso del ministero dell’Istruzione contro la sentenza in appello perché il pasto da casa è un diritto. Secondo i giudici, le scuole sono tenute a rispettare le richieste dei genitori sul pranzo a sacco dei figli.

La sentenza della corte d’appello dello scorso giugno aveva allargato i diritto a tutti i genitori italiani. «Il quadro normativo non nega al genitore dell’alunno iscritto al tempo pieno la facoltà di scegliere per il proprio figlio tra il servizio di refezione offerto dal Comune e la consumazione a scuola, durante il pranzo, di un pasto preparato a casa – è stato il pronunciamento dei giudici –, sotto la propria responsabilità». Sui due menù in refettorio i giudici indicano «opportuno stabilire regole di coesistenza e non di esclusione».

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