A Udine il rifugio antiaereo apre le porte ai cittadini

Domani, dalle 15 alle 17, tutti potranno visitarlo con la guida dell’Archivio di Stato. In omaggio l’opuscolo del Comune
Udine 30 marzo 2012.Giardino del Torso, via del Sale. Visita del Sindaco Furio Honsell..Telefoto Copyright Foto PFP / Ferraro Simone
Udine 30 marzo 2012.Giardino del Torso, via del Sale. Visita del Sindaco Furio Honsell..Telefoto Copyright Foto PFP / Ferraro Simone

UDINE. Il suono delle sirene antiaeree squarciava l’aria in qualsiasi momento. Tra il 10 settembre 1943 e il 20 aprile 1945, gli allarmi in città furono 382, come annota nel suo diario l’impiegato del Consorzio Rojale, Umberto Paviotti. Il conte Giovanni Battista della Porta ne contò 687 dal 1942 e fino alla fine della guerra.

Appena udito quel suono inconfondibile, gli udinesi si precipitavano in uno dei 22 rifugi antiaerei. Una situazione di terrore che la città ha conosciuto non più tardi di 70 anni fa. Testimonianze della storia che rivivono anche nel 2013 grazie all’intervento di sistemazione dei giardini del Torso, in via del Sale, a due passi da piazza Garibaldi. Proprio in quel piccolo angolo verde c’è uno degli ultimi bunker della seconda guerra mondiale. E domani, dalle 15 alle 17, tutti i cittadini potranno visitarlo. Nell'occasione sarà distribuito ai visitatori un libretto realizzato dal Comune di Udine con la collaborazione dell'Archivio di Stato, che ricostruisce il momento storico e la costruzione dei rifugi di Udine.

A contestualizzare il periodo sarà il personale dell'Archivio di Stato che accompagnerà i visitatori, accolti nella sala del Cism (ingresso dall'interno del giardino), in un suggestivo percorso sotterraneo. Il rifugio è una costruzione in cemento armato organizzata su due corridoi principali, di 12 e 11 metri, collegati a un terzo corridoio che portava ai servizi igienici. Un terzo ambiente di 5 metri quadri probabilmente fungeva da deposito delle dotazioni. Due scale alle estremità salgono al livello del suolo. In quegli spazi angusti trovavano riparo decine e decine di persone, stipate sotto terra per diverse ore perché i locali erano protetti da due porte aperte secondo orari prestabiliti.

A ogni allarme Udine mobilitava la milizia contraerea, i volontari civili addestrati alle operazioni di soccorso, i custodi dei rifugi, le pattuglie di pubblica sicurezza, gli addetti alle otto sirene elettromagnetiche fisse, le moto-sirene mobili e i preposti alle campane di sette chiese che lanciavano il vero e proprio segnale acustico per allertare la popolazione. A quel punto il rifugio si riempiva. E poi era attesa. L’attesa di uscire e contare i danni delle bombe.

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