A Udine prima giornata di Open Dialogues, ecco come leggere il futuro
Centrali sono stati i temi dello "scossone" nei rapporti tra Usa ed Europa, della guerra dei dazi innescata da Trump e delle sue possibili ripercussioni, dell'intrinseca debolezza dell'Ue, delle prospettive che potrebbero delinearsi - alla luce di tutti i fattori appena elencati - per la guerra in Ucraina

Cambiamenti epocali e incertezze globali sotto la lente, a Udine, dove nella mattinata di giovedì 6 marzo si è svolta la prima sessione delle due giornate degli "Open Dialogues for the Future" promossi dalla Camera di commercio di Pordenone-Udine e realizzati in collaborazione con The European House - Ambrosetti, sotto la direzione scientifica di Federico Rampini.
Amplissima la disamina, nella quale centrali sono stati naturalmente i temi dello "scossone" nei rapporti tra Usa ed Europa, della guerra dei dazi innescata da Trump e delle sue possibili ripercussioni, dell'intrinseca debolezza dell'Ue, delle prospettive che potrebbero delinearsi - alla luce di tutti i fattori appena elencati - per la guerra in Ucraina: elementi distinti eppure inscindibilmente interconnessi, analizzati seguendo il filo conduttore "Il mondo che cambia: scenario geopolitico fra due guerre e tre continenti".

Introdotto dai saluti istituzionali (con i contributi di Giovanni da Pozzo, presidente della Camera di Commercio, del sindaco di Udine Alberto Felice De Toni, di Michelangelo Agrusti, vicepresidente della Cciaa, Andrea Prete, presidente di Unioncamere, e dell'assessore regionale alle attività produttive Sergio Emidio Bini), il confronto si è aperto con una panoramica storica di Rampini, un quadro che ha tracciato parallelismi e divergenze fra ieri e oggi, per fornire le coordinate di orientamento nel caos della situazione attuale.
«L'Occidente proclama il principio dell'inviolabilità dell'Ucraina ma non ha comportamenti coerenti», ha detto fra l'altro, dopo aver indicato le differenze fra il Trump 1 e il mandato da poco apertosi e aver osservato che il «sostegno militare Usa è imprescindibile» per il vecchio continente, perché «i tempi di un riarmo non possono essere veloci e anche perché c'è il problema, tutt'altro che irrilevante, di un'opinione pubblica educata al pacifismo».
Il punto, ha poi osservato Sylvie Goulard, docente di Global Affairs and Geopolitics alla Bocconi, è che «siamo i figli viziati della pace: ora il fidanzato americano ci sta lasciando, quindi dobbiamo trovarne un altro o diventare donne indipendenti», ha metaforizzato, parlando poi di «estorsione» in relazione ai fatti di Panama e chiedendosi «cosa succederà se il modo di fare business nel mondo si ispirerà a dinamiche analoghe».
Sui meccanismi anche psicologici alla base della debolezza europea, troppo abituata ad appoggiarsi agli Stati Uniti, ha richiamato l'attenzione Nathalie Tocci, direttrice dell'Istituto Affari Internazionali («Sono convinta - ha affermato - che l'Europa potrebbe fare molto, se avesse ben chiara la percezione della minaccia della Russia: continuiamo invece a vivere nel magico delle favole»), mentre Orietta Moscatelli, analista di Limes, ha rimarcato come sia inevitabile, per costruire una pace duratura, il dialogo con Putin.
Dense di contenuti pure le riflessioni di Arduino Paniccia, presidente della Scuola di guerra economica e competizione internazionale di Venezia («Serve una nuova alleanza con gli inglesi e bisogna arrivare alla creazione di un nucleo fuori dalla Nato, attivando una strategia completamente diversa da quella adottata negli ultimi 30 anni), e di Ana Palacio, Visiting Professor alla Edmund E. Walsch School of Forerign Service e già ministro degli Esteri in Spagna.
Rampini ha dato subito un assaggio a 360 gradi dei temi portanti di questa edizione di Open Dialogues, non potendo non partire dalla situazione americana.
“Questa volta – ha detto –abbiamo avuto un Trump abbastanza sicuro di vincere: nonostante le previsioni clamorosamente sbagliate di giornali e sondaggi, i mercati ci avevano visto giusto. Il primo Trump non pensava di vincere ed era infatti arrivato più improvvisato alla Casa Bianca”.
Sull’economia internazionale Rampini ha sottolineato che “la Cina è il vero rivale economico-commerciale degli Usa e Xi Jinping sta ancora cercando di capire come valutare questo Trump 2”. Sull’Europa, Rampini ha invitato a prendere in esame le differenze che ci sono nelle posizioni e dichiarazioni dei leader europei “quando sono qui e quando invece vanno alla Casa Bianca.
Anche Macron e Starmer sono molto più accomodanti quando vanno a parlare con Trump, mentre quando giocano in casa si leggono titoli come “incalzano l’America”.
Alla Casa Bianca il messaggio principale è quello di mantenere l’appoggio e la copertura dell’America. Perché sanno ben che ora – forse fra 10 anni no, ma ora sì –, senza l’America, l’Europa, ma anche inglesi e francesi che hanno forte potenza militare, da soli non ce la fanno. Tuttora hanno totalmente bisogno dell’appoggio degli Usa”.
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