Acciaieria chiusa da un anno, scoppia l’ira dei sindacati

Ancora silenzio sulla crisi della Evraz Palini e Bertoli, a 12 mesi di distanza dalla decisione di Evraz di sospendere l’attività produttiva
San Giorgio di Nogaro 01 Agosto 2013 protesta alla evraz palini bertoli Copyright Petrussi Press/Turco
San Giorgio di Nogaro 01 Agosto 2013 protesta alla evraz palini bertoli Copyright Petrussi Press/Turco

SAN GIORGIO DI NOGARO. Ancora silenzio sulla crisi della Evraz Palini e Bertoli: a 12 mesi di distanza dalla decisione di Evraz di sospendere l’attività produttiva, lo stabilimento di San Giorgio di Nogaro, resta chiuso e nulla è dato di sapere sul suo futuro, e i sindacati insorgono. Nel contempo i 140 dipendenti sono in cassa integrazione a zero ore dal 5 agosto del 2013, senza anticipo da parte aziendale delle cigs.

A denunciarlo sono i sindacati della Fim-Cisl, della Fiom-Cgil e le Rsu di EPB, a fronte delle «molte voci che circolano a San Giorgio su una possibile ripartenza dello stabilimento, voci fatte circolare anche da ambienti vicini all’azienda, ma anche altre che insinuano fuoriuscite di materiali senza conoscerne la finalità. Sono solo voci o c’è qualcosa di vero? Non possiamo accettare il consumarsi di una crisi che porterà, se non si saranno fatti nuovi, alla chiusura di un sito sito produttivo rilevante per la Ziac.

Vogliamo sapere la verità, sul futuro dello stabilimento e ricercare e ogni strada possibile per individuare una soluzione in grado di garantire un futuro produttivo alla Palini e Bertoli e ai suoi 140 lavoratori». Evraz ha chiuso lo stabilimento con la motivazione che lo spread tra acquisto delle bramme e la loro trasformazione non produrrebbe utili a sufficienza, se non perdite. Duro l’attacco del sindacato all’attuale gruppo dirigenziale «che preferisce trincerarsi in un silenzio assordante! Nè smentite ne conferme a queste voci.

Nessuna risposta neanche alle richieste ufficiali di indire un tavolo informativo avanzate da sindacati e Rsu - dicono -. Il gruppo dirigente, da tempo, evita ogni relazione sindacale, o, alle sollecitazioni telefoniche, risponde in modo “diplomatico” affermando che ogni decisione è in mano alla proprietà russa (Evraz di Roman Abramovich)». Fim e Fiom sostengono che a nulla sono valse le richieste da loro avanzate, alla direzione aziendale per capire e conoscere le reali intenzioni di Evraz (si parla di un acquirente turco o di Metinveest) sul futuro del sito. Come pure le sollecitazioni dell’assessore Bolzonello per spingere l’azienda a esprimersi, investendo addirittura le autorità russe nel nostro Paese. O le iniziative dei lavoratori in questi lunghi 12 mesi per scuotere dal silenzio la proprietà.

Secondo il sindacato «non c’è più tempo da perdere, restano poco più di due mesi dalla fine della cigs (il 25 novembre) e il futuro dei 140 lavoratori di Epb è sempre più incerto. Restano pochi mesi per scuotere l’impresa e portarla a comunicare le sue reali intenzioni sul futuro del sito sangiorgino».

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