«Acqua pubblica, ma gestore unico»
Ato, Cafc e Amga d’accordo: soltanto così si potranno fare gli investimenti per la rete contenendo gli aumenti delle tariffe.
UDINE. Gli italiani hanno deciso: la gestione dell’acqua non deve andare necessariamente in mano ai privati. L’esito dei due referendum non lascia spazio ai dubbi. Si riparte dai Comuni, proprietari della rete e delle aziende in quasi tutto il Friuli. Ma il problema vero, per l’acqua, comincia oggi. E i Comuni, in attesa di una nuova legge che metta d’accordo la legislazione nazionale con quella europea, si stanno già organizzando. La soluzione individuata si chiama di nuovo gestore unico.
«Come sindaci - sottolinea Andrea Zuliani, presidente dell’Ato, il consorzio costituito dai 136 Comuni della provincia e dall’amministrazione provinciale che ha compiti di programmazione, organizzazione e controllo sull’attività di gestione del servizio idrico integrato - siamo orgogliosi di avere salvaguardato l’acqua e mi auguro che la Regione non decida di umiliare il ruolo dei primi cittadini».
Per il presidente della Provincia, Pietro Fontanini infatti l’Ato andrebbe eliminato perché «costa 1,6 milioni di euro che potrebbero essere risparmiati affidando all’ente intermedio questa competenza». Ma Zuliani non la pensa allo stesso modo: «Siamo riusciti a fare quella che la Provincia non ha fatto nel 2002 definendo le strategie necessarie a tutelare i cittadini che avranno servizi efficienti e tariffe basse - spiega -, le più basse del Nord Italia». Gli strumenti individuati dall’Ato sono il piano stralcio da 95 milioni finalizzato a migliorare la resa di acquedotti e fognature e poi (sarà approvato in settembre) il piano d’ambito ventennale da 700 milioni di euro che permetterà di riorganizzare, in base ai bacini, tutta la rete idrica garantendo maggiore efficacia ed efficienza all’intero sistema.
E sarà proprio l’Ato a decidere a chi affidare la realizzazione di questi piani. La legge Ronchi, che è stata abrogata, imponeva la privatizzazione di almeno il 40% delle società di gestione dei servizi idrici entro la fine dell’anno e questo obbligo, ovviamente, non c’è più. Resta però la normativa comunitaria che consente, invece, di affidare la gestione del servizio sia alle società pubbliche, che a quelle private o miste, attraverso un sistema di gare. La possibilità di gestione privata, dunque, non è più vincolante, ma resta come possibilità.
Possibilità che forse è solo teorica perché il secondo referendum ha negato ai privati di avere un ricavo del 7% sul capitale investito. Resta però il cosiddetto “metodo normalizzato” di definizione delle tariffe che prevede anche un ritorno economico per gli investimenti. Ma quale privato deciderà mai di investire senza avere certezze sui possibili guadagni?
E senza l’aiuto dei privati, le società pubbliche dove troveranno i soldi per fare tutti gli investimenti necessari a rimettere in ordine acquedotti e fognature? «È chiaro che il piano d’ambito dovrà essere rimodulato con tempistiche compatibili con le risorse disponibili - ammette Zuliani - tenendo in considerazione anche il fatto che le tariffe non possono aumentare di più del 5%». Grazie all’Ato però, ci sono già i 100 milioni di euro in 20 anni stanziati dalla Regione. E l’obiettivo, che è quello di migliorare i servizi, non cambia.
Così come non cambia l’obiettivo del Consorzio acquedotto Friuli centrale (Cafc) e della municipalizzata Amga, decisi a procedere verso il gestore unico. «Gli accordi presi tra Amga e Cafc non erano certo subordinati all’esito del referendum - rimarca il sindaco, Furio Honsell - e il gestore resta uno strumento fondamentale per il futuro dell’acqua».
Dello stesso avviso anche il presidente del Cafc, Eddi Gomboso: «L’esito referendario non modificherà i programmi o l’azione del Cafc sia nell’ottica del gestore unico sia nell’attuazione degli importanti investimenti che verranno effettuati all’interno del Piano d’ambito. L’azienda è e resterà completamente pubblica e, in assenza del partner privato, le strategie su interventi e tariffe, verranno concordate con i Comuni soci. Rimane prioritario - conclude - il percorso verso il gestore unico, la soluzione più efficace per garantire un servizio di elevata qualità con una gestione oculata dei costi e maggiori investimenti sul territorio».
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