Addio a Cesare Romiti, Giannola Nonino: «Una persona semplice e un grande amico, ci mancherà»

«Cara signora Giannola ho letto la sua simpatica intervista all’Espresso Più” e mi complimento vivamente. Ho visto che fra le altre tante cose, lei si occupa di un premio letterario al cui conferimento ci si diverte “particolarmente”. Dato che ho poche occasioni di divertirmi si ricordi di invitarmi. Con tanta simpatia». Torino, 1987. Cesare Romiti è all’apice della sua carriera. Ha già conosciuto Giannola e Benito Nonino, a casa di Vittorio Gancia.
«Ci dedicò un brindisi, si dichiarò nostro estimatore perché avevamo trasformato un prodotto semplice come la grappa in un’eccellenza mondiale – racconta Giannola Nonino –. Poi arrivò la lettera. Lo invitammo al Premio. Mancò solo una volta per motivi familiari. Al tavolo era sempre seduto con gli amici Ermanno Olmi e Claudio Magris. Era considerato il re del mondo eppure era una persona semplicissima, che apprezzava le persone schiette. Non ha mai smesso di sostenerci».
L’uomo simbolo della Fiat, braccio destro di Agnelli, costruì con la famiglia Nonino un legame indissolubile. «Un grande e vero amico – confida Giannola – sapeva cosa vuol dire sacrificarsi. Conoscerlo è stato un grande privilegio». Un’amicizia sottolineata da reciproci segni di stima e affetto. Nel 2006 Romiti era seduto tra il pubblico quando Giannola Nonino ricevette la laurea honoris causa dall’università di Udine, e nel 2012 il manager scelse UdineEstate per presentare il suo libro: “Storia segreta del capitalismo italiano” (Longanesi). La presentazione, organizzata dai distillatori di Percoto, lo vide protagonista di una serata speciale. L’incontro, moderato dal giornalista Giulio Giustiniani, fu l’occasione per una riflessione sulla finanza italiana grazie alle parole del giornalista Paolo Madron, co –autore del libro capace di tratteggiare il ritratto di un uomo di potere, per 24 anni rappresentante della prima e più blasonata industria italiana, un ruolo che gli aveva consentito di giocare a tutto campo anche fuori dai suoi cancelli.
«Il problema è che – disse Romiti – lo scopo del mondo è di produrre, di incrementarsi. La produzione di beni materiali o immateriali è congenita proprio alla natura dell’uomo. Il giorno in cui l’uomo ha pensato che il fine della sua esistenza fosso quello di trattare il danaro, il soldo è finita la civiltà. Noi stiamo andando verso un’era di barbarie proprio perché oggi non c’è più… vi ricordate? Io mi commuovo sempre. Quando vado in Toscana, per arrivare a casa mia vedo scritto “Maestro del ferro”, “Maestro del cotto” e mi prende veramente un’emozione. Noi siamo nati per produrre cose belle, il danaro è un accessorio, qualcosa che viene. Io invidio le persone che girano senza danari in tasca perché capiscono cos’è la vera civiltà, la vera ricchezza del mondo». Un pensiero in sintonia con quello della famiglia Nonino e della sua decana Giannola che lo ricorda con affetto nel giorno della sua uscita di scena.
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