Addio al capitano d’impresa «costruì un mondo nuovo»

Ieri l’ultimo saluto all’imprenditore Mario Carlutti, ex presidente dell’editrice “Vita” Don Nobile: la sua strada è stata lunga, ha messo a disposizione le sue doti naturali
Di Giacomina Pellizzari
Udine 05 dicembre 2015 Funerale in Duomo. Copyright Foto Petrussi / Ferraro Simone
Udine 05 dicembre 2015 Funerale in Duomo. Copyright Foto Petrussi / Ferraro Simone

Addio all’imprenditore Mario Colautti, il costruttore che ha abbellito borgo Cortello (Pavia di Udine) dopo aver costruito strade, ponti e aeroporti in tutto il mondo. In molti, ieri, si sono ritrovati in duomo a salutare per l’ultima volta il cavaliere del lavoro morto a 94 anni che dal 1968 al 1998 aveva presieduto anche la società editrice del Messaggero Veneto, Vita spa, prima del passaggio al Gruppo Espresso. «La vostra presenza così numerosa è segno di stima e affetto nei confronti di Mario» ha subito rilevato nell’omelia, don Luciano Nobile, nel paragonare «alla strada verso l’infinito» la vita del costruttore nato a Latisana e vissuto per diversi decenni a Udine.

A mezzogiorno il carro funebre si è fermato davanti al sagrato della cattedrale da dove i parenti assieme a decine di amici, colleghi, tecnici e qualche politico tra cui il consigliere regionale Alessandro Colautti (Ncd), hanno seguito, in corteo, il feretro salutato dal picchetto d’onore degli alpini. Una decina i gagliardetti delle sezioni Ana esposti in duomo. È toccato a don Nobile e ai parroci di Pasian di Prato e di Pavia di Udine, don Angelo Rosso e don Giordano Simeoni, tracciare il profilo dell’imprenditore che fece del lavoro la sua ragione di vita. «La strada di Mario è stata lunga, durante il percorso ha conosciuto tante persone e messo a disposizione le sue doti naturali» ha evidenziato il parroco invitando tutti a fare tesoro dell’insegnamento lasciato dall’imprenditore per «costruire un mondo nuovo». Nella cattedrale “scaldata” dalle note dell’organo, don Nobile ha citato anche il film di Ingmar Bergam “Sussurri e grida” per auspicare che «sia la Madonna, visto che Mario era un suo devoto, ad aprirgli la porta del Paradiso». Mario Carlutti era l’uomo che anche nel periodo del terremoto seppe dare il meglio di sé per aiutare la popolazione ferita dal sisma come più di un decennio prima aveva fatto nella valle del Vajont. Nelle navate, infatti, sembrava di sentir riecheggiare i racconti del costruttore che alla fine dei suoi anni volle raccogliere ogni documento per lasciare in eredità a tutti coloro che l’hanno amato e apprezzato le esperienze vissute in prima persona. Una vita fatta di impegno lavorativo, etico e morale, durante la quale Mario Carlutti si era circondato - queste le sue parole riportate nel volume che porta il suo nome - «di persone che, ciascuna nel proprio compito, ha dato il meglio di sé, onorando così il lavoro italiano nel mondo». Con lo stesso onore, ieri, le tante persone riunite in duomo hanno salutato, per l’ultima volta, il “capitano d’impresa” che ora riposa nella tomba di famiglia, nel cimitero di Latisana.

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