Addio al generale Cismondi, fu a capo di Gladio nel Nordest

UDINE. È morto a Udine, dove viveva, il generale degli alpini Giuseppe Cismondi. Paracadutista era nato a Busca, in provincia di Cuneo, il 17 marzo 1929.
Giovanissimo era entrato nell’Accademia militare di Modena con il 7° Corso e aveva trascorso principalmente la sua vita, e i molti incarichi di comando, nella regione Friuli Venezia Giulia. Lascia la moglie Giuliana e i due figli. I funerali non sono stati ancora fissati.
Il suo nome è strettamente legato a Gladio, organizzazione paramilitare clandestina italiana (sciolta nel 1991) di tipo Stay-behind (“stare dietro”, “stare in retroscena”) promossa dalla Nato nell’ambito dell’operazione organizzata dalla Central intelligence agency per contrastare una ipotetica invasione dell’Europa occidentale da parte dell’Unione Sovietica e dei Paesi aderenti al Patto di Varsavia, attraverso atti di sabotaggio, guerra psicologica e guerriglia dietro le linee nemiche, con la collaborazione dei servizi segreti e di altre strutture.
L’esistenza di Gladio, sospettata fin dalle rivelazioni rese nel 1984 dall’ex membro del gruppo neofascista Ordine Nuovo Vincenzo Vinciguerra durante il suo processo, fu riconosciuta dal presidente del Consiglio italiano Giulio Andreotti il 24 ottobre 1990, che parlò di una «struttura di informazione, risposta e salvaguardia».
Il generale Cismondi fu responsabile di Gladio Nord Est dal 1973 al 1979. Le dichiarazioni di Andreotti e la pubblicazione degli elenchi degli appartenenti a Gladio scatenò in Italia un lungo dibattito politico ma anche giudiziario. Uno strascico della guerra fredda che per molti significò associare Gladio con gli intrecci dei misteri italiani e le vicende più torbide dei servizi deviati.
Insomma, con le pagine più oscure della storia del dopoguerra. Cismondi, come tutti i capi dei “gladiatori” respinse sempre con fermezza ogni collegamento di Gladio con fenomeni eversivi e antidemocratici.
Nel dicembre del 1990 un dossier di oltre cento pagine sull’Argo 16 - l’aereo del Sismi caduto nel 1973, mentre erano in corso le operazioni di ritiro dei Nasco, i depositi di armi di Gladio, e proprio quell’aereo era stato usato per trasportare verso e da Alghero, oltre ai gladiatori, anche gli esplosivi - venne spedito dal giudice istruttore Carlo Mastelloni al capo della procura di Roma.
Mastelloni aveva sentito numerose testimonianze di politici e di alcuni generali che ricoprirono ruoli chiave tra cui anche il generale Cismondi. Lo stesso Mastelloni, nel febbraio del 1991 aveva voluto risentire Cismondi sempre sulla vicenda dell’Argo 16.
Rispondendo ai giornalisti, Cismondi affermò che «noi non eravamo certo una banda armata come qualcuno vuol far credere. Ma una organizzazione alle dipendenze dello Stato maggiore della difesa che aveva preso accordi internazionali, ed i patti non erano stati stilati da tecnici, ma da politici».
La vicenda di cui peraltro Cismondi non fu mai imputato si concluse nel 1999 con la sentenza della Corte di assise di Venezia che assolse tutti, escludendo l’ipotesi di un attentato del Mossad, il servizio segreto israeliano.
Cismondi ha sempre rivendicato i buoni propositi di Gladio stigmatizzando «le tante falsità su Stay Behind». In un’intervista durante il raduno del novembre 1993 a Redipuglia di un centinaio di nostalgici di Gladio, Cismondi aveva detto che era ora di finirla di tirare in ballo i gladiatori per ogni italico misfatto.
«L’unica cosa che non ci hanno ancora rinfacciato - aveva tuonato - sono le guerre puniche».
Il 4 maggio del 2012 Cismondi aveva partecipato all’incontro friulano di un gruppo di “esterni” di Gladio nel corso del quale avevano lanciato un appello alla popolazione e anche all’allora presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, perché fosse riconosciuto «ufficialmente al personale civile il ruolo di servitori dello Stato».
Nel corso della cerimonia nel salone della sede della Provincia di Udine, Cismondi aveva tenuto il prologo riconrdando anche alcune esperienze personali. «Non siamo quelli degli attentati - era stato detto durante l’incontro - e ora dopo tanti anni la gente deve capire».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto