Addio al partigiano Acciaio, l’ultimo degli osovani di Attimis
E’ morto a 95 anni Beniamino Ronchi: da giovanissimo entrò nella Brigata Osoppo

Il suo nome di battaglia era tutto un programma: Acciaio, per il fisico forzuto che pareva quello di un uomo fatto e finito. Beniamino Ronchi – morto nella tarda serata di venerdì 12 agosto a 95 anni – era invece un ragazzone di neppure diciassette anni quando entrò a far parte della 1° Brigata della 3° Divisione Osoppo-Friuli. Partigiano sui colli orientali contesi, era l'ultimo patriota osovano di Attimis, come ricorda l’Associazione Partigiani Osoppo: fece parte infatti del numeroso gruppo che si era raccolto attorno a Manlio Cencig "Mario" e che costituì uno dei nuclei più importanti della resistenza osovana. Beniamino nacque il 1° giugno 1927 a Parigi, dove si trovava per lavoro il papà, esperto posatore di porfido, che in quegli anni girava parecchio per l’Europa.
Il ritorno della famiglia Ronchi in Italia risale a cinque anni dopo: il giovane Ben lavora a Milano, poi a Udine. Nel 1944, nel pieno della guerra, tutti i Ronchi si trasferiscono nel paese d’origine di papà, Racchiuso. Quando Beniamino non ha neppure compiuto diciassette anni la sua storia si incrocia con quella della Resistenza: «Papà – racconta il figlio Mario – amava suonare la fisarmonica, fin da piccolo. Una sera suonava nel cortile di casa, davanti alla famiglia. Entrarono i partigiani e furono piuttosto convincenti: “O vieni con noi o siete contro di noi”. Ovviamente andò, anche se era ancora molto giovane: chi l’aveva arruolato era convinto che avesse almeno vent’anni, perché aveva un fisico strutturato, era una vera forza della natura». E così nacque il nome di battaglia, Acciaio, con il quale Beniamino affronterà i mesi durissimi che porteranno alla fine della Seconda Guerra Mondiale.
«Rischiò anche di morire: una sera la nonna stava cucinando gli spaghetti per i partigiani che arrivavano a Racchiuso dalle colline. Arrivarono i cosacchi – racconta ancora Mario – e fecero prigionieri tutti i presenti: presero di mira Beniamino, ma al momento di sparare il fucile fece “puff”, inceppato». Finita la guerra Beniamino si trasferisce in Belgio, insieme a centinaia di emigrati che lasciano il Friuli per lavorare nelle miniere: finisce in quella di Aulniat-Roton, vicino alla località di Farciennes, nella provincia di Charleroi. Qui conosce Monica Boucher, che sposa nel 1951: dalla loro unione nasceranno Mario, Maria Theresa e Sergio (scomparso prematuramente).
Negli anni Ottanta il richiamo del Friuli e della “sua” Racchiuso diventa irresistibile: nel maggio 1982 Monica e Beniamino tornano nel piccolo paese in comune di Attimis, dove Acciaio si adopera per aiutare la comunità, con piccoli lavoretti e supportando le iniziative della frazione. Nel 2009, in occasione della Festa dell'Emigrante, l’Apo gli aveva consegnato un attestato di ringraziamento, ricordando proprio il trasferimento all’estero.
«Beniamino – scrive l’associazione - andava fiero di quel semplice pezzo di carta, che oltre al suo nome conteneva un Grazie, per ricordare i sacrifici di una generazione che dopo la guerra, seppe rimboccarsi le maniche e ricostruire con fatica e impegno».
I funerali di Beniamino Ronchi sono in programma mercoledì 17 agosto alle 15, nella chiesa parrocchiale di Racchiuso.
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto