Addio alla Del Bianco, storica casa editrice

L'archivio, composto da centinaia di libri, è stato in minima parte acquistato da un'altra casa editrice udinese, altre opere avviate al macero

UDINE. É stata chiusa definitivamente una delle case editrici più rappresentative del Friuli: la “Del Bianco editore”. Giuseppe Del Bianco è stato sempre attratto dal mondo della stampa perché già a 21 anni viene assunto come redattore dal giornale “La Patria del Friuli” fondato e diretto dal padre Domenico.

Inoltre, nel suo soggiorno a Milano, quando il giornalista friulano lascia Udine che stava per essere occupata dall'esercito austro-ungarico, entra in contatto con gli ambienti milanesi stringendo rapporti con librai ed editori.

Dopo il suo rientro nel capoluogo friulano Giuseppe Del Bianco acquista, dal docente Emanuele Morselli, la casa editrice padovana “Idea”, acronimo di Istituto delle edizioni accademiche, e la trasferisce a Udine, in via Marinelli, sistemando l'attrezzatura tipografica danneggiata dagli austriaci e riprendendo la pubblicazione del giornale “La Patria del Friuli”, che era stato fondato e diretto dal padre Domenico.

Acquista anche una nuova macchina stampatrice che permette la produzione di 5000 copie all'ora, stampate e piegate. La scelta dell'acquisto di “Idea” è fatta perché il regime fascista voleva fondere “La Patria del Friuli” con il “Giornale del Friuli”, divenuto l'organo ufficiale del partito fascista.

Del Bianco decide di puntare sul settore dell'editoria e di acquistare “Idea”, dedicata prevalentemente a una produzione di tipo umanistico, ma segue anche opere di carattere tecnico-scientifico rivolte soprattutto al settore agrario.

Tra le numerose pubblicazioni vanno ricordati i tre volumi della “Storia del Friuli” del vescovo e storico Pio Paschini, la seconda edizione de “La vita in Friuli” di Valentino Ostermann e, nel 1942, un catalogo esclusivamente dedicato a testi per le scuole medie, istituti magistrali, tecnici e professionali.

Intanto Giuseppe Del Bianco affronta un lavoro che richiede anni di paziente ricerca perché intende raccogliere le testimonianze, direttamente dai protagonisti, della prima guerra mondiale. L'intento è quello di sottolineare la parte umana del conflitto così come era stata vissuta dai friulani.

Il primo volume di questo lavoro, dal titolo “La guerra e il Friuli”, esce nel 1937, il secondo volume nel 1939, ma viene sequestrato per ordine del Ministero della cultura popolare.

Durante la seconda guerra mondiale il lavoro editoriale subisce un pesante calo. Al termine della guerra, nel 1945, l'azienda assume la nuova e definitiva denominazione di “Del Bianco editore” ed entrano nell'azienda anche i figli Nino e Umberto. Vengono riorganizzati i due settori, quello industriale, che si occupa della stampa, e quello commerciale, che segue le vendite.

Allo stabilimento di via Marinelli si aggiunge un laboratorio di fotomeccanica in via Ronchi e vengono aperte altre due tipografie, una a Gradisca e una a Pordenone.

Giuseppe Del Bianco, nel 1946, entra a far parte del consiglio di amministrazione del neonato “Messaggero Veneto”, riprende le ricerche per il terzo volume de “La guerra e il Friuli” che pubblica nel 1952. Il quarto volume, uscito postumo nel 1958, parla della rotta di Caporetto e della ritirata sul Piave. Giuseppe Del Bianco si è dedicato, con notevole impegno anche alla crescita e allo sviluppo della Società Filologica Friulana assumendo un ruolo di primo piano, diventando il primo segretario e poi il settimo presidente dell'istituzione, mantenendo atle la carica fino alla sua morte.

Ha caldeggiato la nascita della rivista bimestrale “Sot la nape”. Ha anche favorito l'istituzione dell'Ente Friuli nel Mondo per uno stretto collegamento fra i vari Fogolârs italiani ed esteri.

L'ultima sede ufficiale della Del Bianco editore è stata a Colloredo di Monte Albano.

Dopo oltre un'ottantina di anni la casa editrice Del Bianco ha terminato la sua attività. L'archivio, composto da centinaia di libri, è stato in minima parte acquistato da un'altra casa editrice udinese, mentre la maggior parte dei volumi sulle vicende storiche triestine, dalmate, istriane e fiumane sono stati mandati al macero, dopo che più di qualche studioso ne aveva preso visione.

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