Addio al macellaio Sergio Bogaro, una vita dedicata alla bottega e alla famiglia

Il titolare dello storico locale di via Mentana 9 a Udine è scomparso nei giorni scorsi. Tra le sue specialità il roastbeef, gli agnelli a Pasqua, e i capponi a Natale 

Chiara Dalmasso
Sergio Bogaro in negozio
Sergio Bogaro in negozio

La macelleria era la sua vita: il lavoro il perno intorno a cui ruotava il senso di un’esistenza trascorsa nel locale di via Mentana 9.

Sergio Bogaro, proprietario della “Bottega della carne”, è scomparso nei giorni scorsi, a 78 anni, dopo un breve periodo di sofferenza. «Fino a ottobre – racconta il figlio Gianpaolo – i clienti potevano vederlo dietro il bancone, a servire le specialità per cui era noto a Udine e pure fuori».

Ai funerali, che si sono svolti lunedì 24 febbraio alla chiesa di Sant’Andrea, a Paderno, parenti, amici e tanti affezionati clienti, che si sono radunati per l’ultimo saluto. Bogaro lascia la moglie, i due figli e una nipotina di tre anni, figlia di Gianpaolo. «Gli era tanto affezionata e le piaceva trascorrere del tempo in macelleria con lui, osservare che cosa faceva, si incuriosiva, anche se molto piccola».

Negli ultimi tempi soffriva di forti mal di schiena, portava sulle spalle decenni di un mestiere faticoso dal punto di vista fisico. «Per un uomo di oltre settant’anni, sollevare certi carichi diventa insostenibile» prosegue il figlio, ricordando che da tempo in negozio lo aiutava la sorella, che eredita la bottega e continua l’attività di famiglia.

Un’attività longeva, che esiste dalla fine degli anni Sessanta ed è sempre rimasta lì, in via Mentana, punto di riferimento per il quartiere: «A comprare venivano sia clienti abituali, sia occasionali, che entravano e dicevano a mio padre di voler fare bella figura». Ecco che, allora, Sergio tirava fuori le specialità: il roastbeef, gli agnelli a Pasqua, e a Natale i capponi allevati a terra, che andava lui stesso a scegliere dagli allevatori di tutto il Friuli e talvolta anche del Veneto.

«Quando ero bambino, ogni tanto mi portava con lui: ero affascinato e colpito dall’attenzione che impiegava nelle scelte, si notava che aveva esperienza e amava il suo lavoro» ricorda il figlio, che fatica a elencare altri interessi del padre, a parte il lavoro. «Non frequentava bar, niente attività ricreative né sport: solo la bottega e la famiglia» aggiunge, confidando che spesso, pure la domenica, Sergio andava a leggere il giornale in negozio, nonostante fosse chiuso. Le ragioni di questa dedizione si ritrovano in una sconfinata passione per il mestiere, ma non solo: «Credo sia una questione generazionale. Papà era nato nel 1945 e aveva vissuto, con la sua famiglia e i suoi fratelli, la povertà più assoluta, una condizione in cui temeva di poter incappare di nuovo».

La crisi dei piccoli esercenti, in parte fiaccati dalle grandi catene di distribuzione, ha alterato un po’ i flussi della bottega, senza però spaventare Sergio: «Ha sempre creduto nei frutti del suo lavoro e del suo impegno». —

 

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