Addio Provincia di Pordenone, via al “maxi” Comune

PORDENONE. La fatica dei padri fondatori per effigiare un territorio del titolo di Provincia, con la maiuscola. Una medaglia d’oro al valor militare che rappresenta lo spirito di una comunità. Un motto, “Concordia parvae res crescunt” (nella concordia anche le piccole cose crescono), inciso su un gonfalone che non sarà mai più esposto.
Tanti piccoli e grandi simboli che ieri, con la cerimonia nella sala consiliare del municipio, sono svaniti, insieme alla maiuscola della provincia di Pordenone. Ciò che rappresentano è passato in eredità, pratica e morale, al Comune di Pordenone. Seduto al suo posto in aula consiliare, ultimo presidente eletto di quella Provincia e sindaco che Comune che ne raccoglie il testimone, Alessandro Ciriani.
Mai come ieri, in sala consiliare, quel gonfalone è stato accarezzato, fotografato, rispettato. Al suo ingresso, tutti in piedi. Compreso, tra il pubblico, in posizione defilata, l’assessore regionale alle autonomie locali Paolo Panontin, l’uomo che ha messo la faccia sulla riforma delle Uti, la più contestata dei tempi recenti.
A prendere la parola è stata la commissaria Annamaria Pecile, la traghettatrice della Provincia fino all’ultimo dei suoi giorni. «Consegno il labaro della Provincia al sindaco della città capoluogo, Alessandro Ciriani – ha detto Pecile – affinché lo custodisca unitamente alla storia e alla memoria di 50 anni dell’attività di area vasta e alla memoria delle genti di ogni tempo della Destra Tagliamento». Poi l’intervento del presidente dell’Anpi Loris Parpinel, a cui è seguito l’intervento del sindaco Ciriani, denso di significati politici e non privo di attacchi frontali a «una vittoria dell’antipolitica sulla politica intesa nel suo senso più alto e nobile di attività per il bene comune».
«Faccio fatica – ha affermato Ciriani – a considerare questo un giorno di festa. Cala definitivamente il sipario su un ente, per cui tanto i padri nobili pordenonesi si erano spesi, che aveva proprio la funzione di collante dell’area vasta. La Provincia era soprattutto un presidio territoriale che aiutava a far sentire la nostra voce, a cementare l’identità comune del comprensorio pordenonese e a misurarsi con le due identità friulana e veneta».
Il nuovo assetto territoriale è stato definito da Ciriani «un disegno forzato, imposto e frettoloso dai risultati modesti se non deludenti, dalle prospettive assolutamente incerte, che ne incentiva la frammentazione e conflittualità».
Con la soppressione della Provincia sono state «depresse e sfiduciate le professionalità di donne e uomini che negli uffici di largo san Giorgio hanno dimostrato sempre grande competenza». Per il futuro Ciriani ha promesso impegno «per fare in modo che Pordenone, pur svestito istituzionalmente della sua funzione di capoluogo, lo sia per quanto possibile nei fatti». Per lui standing ovation e applausi, ma solo di esponenti di centrodestra.
A margine, l’assessore Panontin – che si è emozionato durante la cerimonia – ha dichiarato: «Non chiamatemi carnefice: ho semplicemente attuato la volontà unanime del consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia, eletto democraticamente anche da queste terre, che ha deciso che l’ente amministrativo della Provincia non è così utile. L’organizzazione dei servizi è continuata senza le province e così sarà in futuro».
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