Addio suor Elodia, missionaria in Brasile

Si è spenta nel giorno di Pasqua: era partita dal Friuli nel 1960 per aiutare i bambini abbandonati e le famiglie povere

UDINE. «È stata una grande missionaria. Una persona come poche, votata all’assistenza di tutti, cristiani e non, e da tutti a sua volta amata e rispettata». Ricordare suor Elodia Calligaris, ora che non c’è più, commuove e stringe il cuore. Gli occhi arrossati di sua nipote Bruna De Palma, infermiera e presidente dell’“Associazione Elodia onlus”, dicono più di qualsiasi parola.

Ammalata da tempo, la religiosa partita da Colloredo di Prato nel 1960 per portare il proprio aiuto ai bambini e alle famiglie povere del Brasile, si è spenta nel giorno di Pasqua, all’età di 76 anni. Era ricoverata nell’ospedale di Brasilia, circondata dall’équipe medica che, specie nelle ultime tre settimane, aveva cercato di alleviarne le sofferenze, e dalle tante sorelle giunte dalla stessa capitale e da Rio de Janeiro. Ed è lì, nel cimitero cittadino, che nei prossimi giorni verrà tumulata.

Conosciutissima sia in Friuli, dove era nata e cresciuta - originaria di Bressa di Campoformido, si era poi spostata con la famiglia a Colloredo di Prato -, sia in Brasile, dove ha realizzato opere di bene a favore delle fasce più deboli della popolazione, suor Elodia era stata per cinque anni madre superiora alla Nunziatura apostolica di Brasilia.

Fu in quel periodo, all’inizio degli anni ’80, che ebbe modo di incontrare papa Giovanni Paolo II durante uno dei suoi pellegrinaggi. Ma è soprattutto a Banabuiù, nel Cearà, e a Barreiras, in Bahia, che la sorella friulana ha lasciato una traccia indelebile del proprio lavoro.

Nel primo, un paesino a pochi chilometri dall’oceano, era riuscita a trasformare la quindicina di famiglie che lo abitavano da un agglomerato di miseria ai limiti della disperazione, in una comunità agricola in grado di coltivare orti e pascolare capre. Nella seconda, grazie anche al sostegno della onlus a lei intitolata in Friuli, aveva costruito dal niente la “Casa del fanciullo”, una struttura per l’accoglienza, con tanto di scuola e area per le attività ricreative annesse.

«Ha dedicato la propria vita agli altri - ricorda la nipote De Palma, a sua volta presente a molte delle missioni in Brasile -. Pur avendo passato lunghi periodi di sofferenza, a causa delle malattie che a più riprese l’hanno afflitta, ha sempre conservato il sorriso. La amavano tutti e quando ero con lei non avevo mai paura. La ricordo ancora quando, in mezzo allo squallore delle favelas, si chinava a baciare tutte quelle povere bamboline avviate già alla prostituzione. Anche i delinquenti la rispettavano, perchè lei aiutava tutti indistintamente, lasciando che fosse il Signore a giudicare».

Suo anche il merito di avere avviato un orfanotrofio a Rio de Janeiro e di averlo poi ampliato, fino ad accogliere una cinquantina di bambine, quasi sempre abbandonate dai genitori, e creare anche un noviziato per dare loro un’educazione.

«Ci sono talmente tante cose da fare in Brasile - ci aveva detto suor Elodia in un’intervista del 2009, anno in cui tornò per l’ultima volta in Friuli -, che è persino facile raggiungere qualche obiettivo». Tutti risultati destinati a sopravvivere alla sua scomparsa.

«Sebbene la nostra associazione sia stata sciolta lo scorso novembre per carenza di fondi europei - spiega Bruna De Palma -, i progetti a favore del Brasile continueranno a essere portati avanti attraverso l’associazione Pane condiviso di Passons, alla quale io stessa mi sono iscritta e dove gli altri ex soci possono dirottare le offerte». Proprio come sarebbe piaciuto anche a suor Elodia.

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