Agrivoltaico, si cambia: in autunno il Fvg adeguerà la propria normativa alle disposizioni nazionali
Il limbo legislativo cui si trova attualmente la partita dei parchi fotovoltaici a terra tra regole regionali, indicazioni nazionali e tentativi di interpretazione, dovrebbe diventare un ricordo tra pochi mesi
Il limbo normativo in cui si trova attualmente la partita dei parchi fotovolatici a terra, tra norme regionali, indicazioni nazionali e tentativi di interpretazione, dovrebbe diventare un ricordo lontano entro qualche mese. L’assessorato di Fabio Scoccimarro, infatti, si appresta a presentare – in autunno – una modifica alla legge in vigore in Friuli Venezia Giulia che la allineerà alle disposizioni emanate dal ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida e da quello dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin. «Nel frattempo – commenta Scoccimarro – un rappresentante della Regione vigilerà all’interno delle Commissioni nazionali sulle valutazioni di Via che riguarderanno il Friuli Venezia Giulia».
Primo tentativo
La materia è complessa e vale la pena mettere un po’ di ordine. La giunta Fedriga aveva già provato a legiferare in tema di fotovoltaico a terra, con impianti superiori a un megawatt, nel 2021, ma la norma era stata impugnata dall’allora Governo Draghi e successivamente cassata dalla Consulta perchè ritenuta in contrasto con le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili e con la loro natura inderogabile per l’intero territorio nazionale, al netto delle competenze delle Regioni Autonome.
Il bis della regione
Ad aprile, facendo pure seguito a una serie di sollecitazioni arrivate dal Consiglio, la Regione ci ha riprovato facendo approvare un emendamento alla legge Omnibus che stabilisce in quali tipologie di terreno è vietata la realizzazione di nuovi impianti fotovoltaici a terra senza intervenire, ovviamente, sulle autorizzazioni che avevano già ottenuto il via libera.
Tra le aree vincolate da una legge che resta in vigore fino alle future modifiche, entrando nel dettaglio, troviamo, ad esempio, quelle tutelate come patrimonio culturale e del paesaggio, i siti regionali Unesco, le zone ricomprese nei programmi “L’uomo e la biosfera”, i paesaggi rurali iscritti nell’apposito registro nazionale. Ancora, andando avanti, le aree di notevole interesse culturale e quelle individuate dal Piano paesaggistico regionale oppure dichiarate di notevole interesse pubblico. Proseguendo, poi, niente da fare nelle aree caratterizzate da situazioni di rischio oppure dissesto idrogeologico, nei geositi e nei geoparchi dell’apposito Catasto regionale.
Attenzione, inoltre, alle attività agricole vere e proprie perchè il “no” vale in quelle destinate a produzioni di qualità, biologiche, Dop, Igp, Stg, Doc, Docg e Deco, al pari delle coltivazioni di pregio. In quest’ultimo caso devono essere caratterizzate dalla presenze di attività agricole consolidate per continuità ed estensione ed essere contraddistinte dalla presenza di paesaggi agrari identitari, ecosistemi rurali, oppure naturali, complessi.
La scelta del governo
Una manciata di settimane dopo, tuttavia, è intervenuto direttamente il Governo nazionale obbligando le Regioni, quantomeno in linea generale, a individuare le aree idonee a ospitare i pannelli per la produzione di energia da fonti rinnovabili, valutando anche quelle non utilizzabili per altri scopi, comprese le agricole, in relazione alle risorse rinnovabili, infrastrutture di rete e domanda elettrica.
Il suggerimento, in poche parole, è quello di utilizzare edifici, parcheggi e capannoni, sia dismessi sia in uso da parte delle aziende. Lo stesso decreto detta gli obiettivi di potenza rinnovabile da raggiungere entro 2030, mentre in parallelo stabilisce pure il divieto di realizzare parchi fotovoltaici su terreni agricoli.
Tra i problemi riscontrati in questi mesi, però, non c’è soltanto la mancata corrispondenza tra criteri regionali e nazionali, ma anche il fatto che la norma del Governo non citi espressamente la parola “agrivoltaico” lasciando così la possibilità di interpretazioni diverse da quelle immaginate da Lollobrigida. «Siamo consapevoli della situazione – ha concluso Scoccimarro – e pronti a intervenire a breve adeguando la legge quanto stabilito dal Governo centrale».
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