Al via la reintroduzione della lince con un progetto da 6,8 milioni di euro

Sette coppie saranno rilasciate in Slovenia e Croazia. Preoccupati i cacciatori: qualche esemplare può sconfinare in Friuli

UDINE. Tra circa un anno la lince tonerà a popolare i boschi della Slovenia e da qui potrebbe sconfinare nel Tarvisiano. Il condizionale è d’obbligo perché il progetto europeo “Life nature and biodiversity” sulla reintroduzione della lince, prevede il rilascio di 14 esemplari, sette coppie, in Croazia e Slovenia, a sud e a nord dell’autostrada Trieste-Lubiana.

Avviato un anno fa, il progetto con il relativo monitoraggio proseguirà fino al 2024. Il suo valore sfiora i sette milioni di euro (6.868.595). I cacciatori del Distretto di caccia di Tarvisio stanno a guardare non senza nascondere una certa preoccupazione per le conseguenze che la presenza del predatore potrebbe provocare sulla tutela della biodiversità.

Finanziato per il 60 per cento dall’Unione europea, il restante 40 per cento lo garantiscono i beneficiari tra i quali il Corpo forestale dello Stato – ufficio per la biodiversità – che si avvale del fondo di rotazione statale e l’associazione culturale “Progetto lince Italia” di Tarvisio che invece investe fondi propri. Il Friuli Venezia Giulia ha concesso il patrocinio, ma non figura tra gli enti finanziatori del progetto europeo. Questo fatto non consente alla Regione di agire da protagonista come invece fanno Slovenia e Croazia attraverso le università di Lubiana e Zagabria. L’ateneo friulano non risulta coinvolto.

In questo contesto la giunta Serracchiani ha preferito giocare una parte non da protagonista nonostante la nostra regione sia l’unica in Italia in cui la lince è stata costantemente presente negli ultimi 20 anni. In questo momento – il dato lo si rileva dalle relazioni allegate al progetto – in Friuli Venezia Giulia si stima la presenza di cinque, al massimo sette, esemplari di lince tra cui una sola femmina. Diversa la situazione in Slovenia, dove la popolazione partita da tre coppie riproduttive aveva raggiunto numeri elevati, tant’è che nel Novanta venivano prelevati dai cacciatori 30 esemplari l’anno.

«I cacciatori sloveni – spiega Paolo Molinari, il coordinatore tecnico di “Progetto lince” – sono i primi a dire “peccato perdere questo incredibile patrimonio”». In Slovenia, questo va detto, il patrimonio rappresentato dalla fauna selvatica da tempo è stato trasformato in un’attrazione in grado di alimentare anche il volano turistico.

«Il ruolo dell’Italia – aggiunge Molinari – è quello di monitorare la situazione attuale compresi i primi rilasci in Slovenia e nella zona di confine». Molinari non esclude che qualche esemplare possa sconfinare nelle nostre montagne soprattutto quando le coppie che saranno rilasciate inizieranno a riprodursi. «In quella fase – aggiunge l’esperto – è possibile che qualche esemplare arrivi in Friuli».

Attraverso il progetto “Life” l’Unione europea vuole ridurre il rischio di estinzione della lince che, in questo momento, viene considerato elevato a seguito «della perdita della variabilità genetica». Molinari lo spiega citando il tentativo effettuato negli anni Settanta di reintrodurre la lince scomparsa un secolo prima. Allora furono prelevati individui dalla Cecoslovacchia con lo stesso ceppo genetico. Un fattore, questo, che può provocare il calo della fertilità.

Il progetto Life, invece, prevede prelievi in Slovacchia e in Romania. «Sarà prelevata una coppia di linci in ogni sito individuato senza intaccare la popolazione», precisa Molinari ricordando che l’obiettivo resta quello di investire sul futuro dell’ambiente e del territorio rendendolo idoneo alla conservazione della fauna autoctona. Le catture delle linci dovrebbero avvenire il prossimo inverno dopodiché gli animali saranno rinchiusi nei recinti in quarantena per effettuare poi, nell’autunno 2019, i primi rilasci.

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto