Alla scoperta della polenta, le origini e le ricette

Pietanza antichissima e identitaria. Ha costituito, in passato, l'alimento di base della cucina povera in varie aree settentrionali. Oggi accompagna molti piatti (formaggi e carni in particolare)

Oggi vi presento una ricetta identitaria, la più conosciuta e diffusa che parla di terra e di lavoro, di tradizione, di storia e di cultura: la polenta.

Prima di spiegare la ricetta (che ha molte varianti, in base alla zona dove ci troviamo e comunque vi descrivo le varianti più diffuse), credo sia importante andare a scoprire la storia (con l'aiuto di libri e siti dedicati) di questo alimento che nei secoli è sempre rimasto uguale per ingredienti e modalità di cucina (fatta eccezione, come detto, per le varianti introdotte nelle varie zone).

La storia

La polenta è un antichissimo piatto di origine italiana a base di farina di mais. Pur essendo conosciuto nelle sue diverse varianti pressoché sull'intero territorio italiano, ha costituito, in passato, l'alimento di base della cucina povera, in varie aree settentrionali alpine, prealpine, pianeggianti e appenniniche di Friuli-Venezia Giulia, Veneto, Lombardia, Valle d'Aosta, Piemonte, Liguria, Trentino, Emilia-Romagna, regioni nelle quali è tuttora piuttosto diffuso.

La polenta è tradizionalmente cucinata anche in Toscana e nelle zone di montagna di Marche, Abruzzo, Lazio e Molise.

Il cereale di base più usato in assoluto è il mais, importato in Europa dalle Americhe già nel 1.400, che le dà il caratteristico colore giallo, mentre precedentemente era più scura perché la si faceva soprattutto con farro o segale, e più tardivamente anche con il grano saraceno, importato dall'Asia.

la polenta Taragna
la polenta Taragna

Pur comparendo un esemplare di mais nell'Erbario di Ulisse Aldrovandi (Bologna, 1551), le prime testimonianze scritte di coltivazioni di mais in Italia fanno riferimento ai territori della Repubblica di Venezia. 

La polenta, con numerose varianti, è diffusa anche in Ungheria (puliszka), Malta (tgħasida - storico), nei territori francesi della Savoia e della Contea di Nizza, della Guascogna (cruchade) e della Linguadoca (milhàs), in Svizzera, in Spagna (per esempio il piatto castigliano morcilla di Burgos y polenta, Croazia (palenta, žganci o pura), Slovenia (polenta o žganci), Serbia (palenta), Romania (mămăligă), Bulgaria (kachmak), Georgia (ghomi), Albania (harapash), Corsica (pulenta o pulenda), Argentina e Uruguay (polenta) , Brasile (polenta), Ucraina (culesha) Marocco tra le tribù berbere ("tarwasht"), Venezuela, Cile e Messico.

Nel libro Storia dei Vespri Siciliani di Michele Amari, l'autore scrive che durante uno degli assedi ai francesi (1282-1283) alle mura della città di Messina, le donne siciliane alimentavano i soldati con acqua e polenta (ovviamente non di mais).

"Dentro" la polenta

La polenta è prodotta cuocendo a lungo un prodotto semi-liquido costituito da un impasto di acqua e farina (solitamente a grana grossa) del cereale.

Oggi la più comune in Europa è quella a base di mais, detto granoturco, cioè la classica "polenta gialla". Questa si versa a pioggia nell'acqua bollente e salata, in un paiolo (tradizionalmente di rame), e si rimesta continuamente con un bastone di legno di nocciolo, chiamato "cannella", per almeno un'ora.

La farina da polenta è solitamente macinata a pietra ("bramata") più o meno finemente a seconda della tradizione della regione di produzione.

In genere la polenta pronta viene presentata in tavola su un'asse circolare coperta da un canovaccio e viene servita, a seconda della sua consistenza, con un cucchiaio, tagliata a fette, con un coltello di legno o con un filo di cotone, dal basso verso l'alto.

Preparazione tradizionale della polenta

Il termine polenta deriva dal latino puls, una specie di polenta di farro (in latino far da cui deriva "farina") che costituiva la base della dieta delle antiche popolazioni italiche. I greci invece usavano solitamente l'orzo.

Ovviamente, prima dell'introduzione del mais (dopo la scoperta dell'America), la polenta veniva prodotta esclusivamente con vari altri cereali come, oltre ai già citati orzo e farro, la segale, il miglio, il grano saraceno e anche il frumento, in misura minore, soprattutto in zone montane, si usano farine di castagne e di fagioli, dando origine a un impasto più dolce.

Oggi le polente prodotte con tali cereali sono più rare, specie in Europa. Sonnante e Alii sostengono che il puls originario fosse costituito da una miscela che includeva semi di leguminose, forse anche spontanee. Essi sostengono che il termine inglese pulses, che indica i legumi in genere, origini infatti dal pre-romano pulus.

L'etimologia inglese della parola conferma questa osservazione in quanto fa risalire il nome al XIII-XIV secolo per indicare genericamente i legumi, con probabile derivazione dal francese arcaico pols e dal greco antico poltos, col significato di zuppa spessa.

A questo proposito è da notare che è tuttora in uso, soprattutto in alcune regioni del Sud Italia, una polenta a base di fave, con la quale si accompagnano verdure come ad esempio la cicoria.

Le varianti regionali

La polenta si accompagna molto bene al burro, ai formaggi molli e ai piatti che contengono molto sugo, in generale carni in umido.

La polenta bianca, piatto tipico del Friuli, del Trevisano, del Polesine, delle zone di Padova e, in generale, dell'entroterra veneziano, si fa con la farina del Mais Biancoperla, di colore appunto bianco.

Polenta alla carbonara: piatto tradizionale dei taglialegna e carbonai dei comuni facenti parte dell'attuale Unione montana del Catria e Nerone, nelle Marche, realizzato con farina di mais, carne di maiale, pancetta e formaggio grattugiato. Ne esiste una versione ripassata in forno che si definisce "polentone alla Carbonara".

Polenta taragna sulla tavola di legno e coltella di legno. La polenta taragna, in molte zone conosciuta semplicemente come "taragna", è una ricetta tipica della cucina Bergamasca ma è molto conosciuta anche in Valtellina e nei dintorni di Lecco, in Val Camonica, nel Bresciano e nel Canavese. Il suo nome deriva dal tarai (tarell, in lingua lombarda), un lungo bastone usato per mescolarla all'interno del paiolo di rame in cui viene preparata. Come altre polente della montagna lombarda (ad esempio la pulénta vüncia, polenta uncia cioè unta, in lingua lombarda), è preparata con una miscela di farine contenente farina di grano saraceno, che le conferisce il tipico colore scuro, diversamente dalle preparazioni nella maggior parte delle altre regioni, che utilizzano un solo tipo di farina, ottenendo quindi una polenta gialla. A differenza dell'uncia, nella polenta taragna il formaggio viene incorporato durante la cottura. Polenta al forno con bagna càuda.

La polenta e osèi, piatto tipico veneto, della Bergamasca, del Bresciano e della cultura contadina. La sua caratteristica è quella di accompagnare la polente con uccelli (osèi=uccelli) di piccola taglia. Molto diffuso però l'accoppiamento della polenta con cünì/cönécc (coniglio) e altre carne cotte come brasati o arrosti.

La polenta cròpa, in lingua lombarda, è una variante della "taragna", originaria di Val d'Arigna, situata al centro delle Alpi Orobie valtellinesi. La sua particolarità è quella di essere cotta nella panna e di esser fatta con farina di grano saraceno, patate schiacciate e formaggio.

La pulenta uncia, cucinata nelle zone del lago di Como. Dopo aver preparato la polenta con un misto di farina di mais e grano saraceno nel paiolo, la si mischia a un soffritto di abbondante burro, aglio e salvia con del formaggio tipico semüda o un semigrasso d'alpeggio fino a ottenere un composto omogeneo, da qui il termine "voncia, uncia", che in lingua lombarda vuol dire unta.

La polenta e bruscitti, è un piatto tipico del Varesotto e dell'Alto Milanese a base di polenta e carne sminuzzata. La pult, è una polentina molto molle preparata sempre sul lago di Como mischiando farina di mais e di frumento. Viene cucinata soprattutto d'estate e la si mangia intinta nel latte freddo. Polenta di farina gialla di Storo con Sopressa Vicentina e funghi.

La polenta concia (concia, italianizzazione del termine lombardo/piemontese consa, cioè acconciata, condita), è uno dei più noti piatti tipici valdostani e biellesi. Molto indicata per riempire e scaldare nelle giornate fredde, è conosciuta anche come "polenta grassa". Alla farina di mais viene aggiunto formaggio fuso d'alpeggio. Solitamente la concia ha poca consistenza, cioè è più liquida; non ha una ricetta rigida, ma viene tendenzialmente preparata fondendo, a fine cottura, dei cubetti di fontina e/o toma e/o latte e/o burro. Secondo una leggenda, la polenta concia si sarebbe diffusa in Piemonte durante il quattordicesimo secolo con Facino Cane, il quale pretendeva che gli venisse sempre servita ovunque andasse. Di conseguenza, molti cuochi furono costretti a imparare la ricetta nella variante valdostana, quasi a fine cottura vengono versati nel paiolo: fontina, toma di Gressoney e burro. nella variante biellese, il burro viene aggiunto nel paiolo, insieme con la toma o il maccagno. Dal paiolo la polenta concia si versa nel piatto a mestolate, aggiungendovi poi sopra abbondante burro fuso.

La polenta con le sepe, o seppie, è un piatto della tradizione triestina e veneziana (spesso nella versione nera). A Trieste le alternative prevedono salsicce, uova strapazzate, gulasch o, nelle generazioni precedenti, prugne cotte.

La polenta saracena, è un piatto tipico dell'alta Val Tanaro, prende il nome dal grano saraceno.

La polenta con i ciccioli, è una ricetta diffusa nella maggior parte dell'Italia settentrionale, assumendo diverse denominazioni. I modi di cucinare la polenta con i ciccioli sono sostanzialmente due. Nel primo, i ciccioli vengono cotti con la polenta, aggiungendoli all'impasto in differenti fasi della cottura, in ossequio alla specifica tradizione locale, come nel caso della pulëinta e graséi, consumata nel Piacentino. Nel secondo modo, il più diffuso, i ciccioli vengono inseriti successivamente in una fetta di polenta abbrustolita, come nel caso della pulenta e grepule, tipica del Mantovano.

La ricetta base

Gli ingredienti

  • 300 g di farina gialla di mais lasciata grezza
  • Un litro di acqua
  • Un cucchiaio di olio Evo

Il procedimento

In una ampia pentola portiamo a bollore il litro di acqua, saliamo abbondantemente e aggiungiamo il cucchiaio di olio.

Quindi abbassiamo la fiamma e iniziamo a far cadere a pioggia la farina grezza, rimestiamo avendo cura che non si formino grumi. Il composto inizialmente sarà morbido ma durante la cottura acquisirà consistenza.

La polenta sarà cotta dopo un’ora e solo quando la parte centrale si staccherà dai bordi attaccati alla pentola che formeranno le “croste di polenta “.

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