Allarme Caritas, triplicati i nuovi poveri

In 2 mesi 300 famiglie hanno chiesto aiuto: «Non sappiamo cosa dare da mangiare ai nostri figli». La spesa arriva a casa

UDINE. Ci sono papà che aspettano di ricevere ancora il bonus da 600 euro e non sanno cosa dare da mangiare ai loro figli. Ci sono mamme che il lavoro l’hanno perso e sono costrette a scegliere se pagare le bollette o la spesa.

Ci sono famiglie intere che il coronavirus ha messo in ginocchio. E ha costretto a chiedere aiuto alla mensa diocesana gestita dalla Caritas di Udine. Oltre 300 in una cinquantina di giorni. E le richieste sono aumentate giorno dopo giorno. Tanto che i magazzini, un tempo pieni di alimenti e di scorte, ora si sono svuotati. Famiglie che fino all’emergenza Covid non avevano mai avuto necessità di rivolgersi alla Caritas ora bussano alla porta per assicurare un pranzo e una cena ai loro bambini.

«Fin dall’inizio dell’emergenza – spiega il coordinatore della mensa diocesana Alberto Barone – abbiamo incominciato a dover dare degli aiuti concreti a famiglie che prima non si erano mai rivolte alle parrocchie, ad altri centri di volontariato o servizi di assistenza.

Si tratta dei nuovi poveri causati dal Covid 19. Partite iva, persone con l’attività chiusa o che l’occupazione ormai l’hanno persa e che non sanno cosa dare da mangiare ai loro figli. In tutto si tratta di oltre 900 persone che risiedono per la maggior parte a Udine».

A ciascuna di queste famiglie, dunque, ogni quindici giorni i volontari della mensa – una quindicina quelli operativi – distribuiscono a domicilio un pacco di viveri. Una “borsa della spesa” con pasta, verdure, legumi, riso, frutta. Ma anche detersivi e pannolini per i bambini.

Queste famiglie si affiancano alle persone – circa un centinaio – senza dimora, che vivono in strada o in alloggi di fortuna, che già prima della pandemia ricevevano ogni giorno nella mensa diocesana di via Ronchi un pasto caldo oltre ad altri importanti servizi di tipo educativo.

Adesso il pranzo e la cena non possono consumarli all’interno della struttura - per motivi legati al rispetto delle misure anticontagio – ma ogni giorno dalle 10.45 alle 12 vengono a ritirare il sacchetto contenente un abbondante pasto caldo per asporto che i volontari preparano per ciascuno di loro. «Inevitabilmente – continua Barone – i magazzini un tempo pieni di scorte grazie al banco alimentare e alle varie collette, adesso si sono svuotati».

Da qui un appello alla cittadinanza «a donare, ciascuno a seconda delle sue possibilità, derrate alimentari di vario genere. Molte persone sono già venute alla mensa a portare della spesa, altre hanno fatto delle offerte e ci sostengono economicamente, altre ancora ci contattano per chiedere come poterci aiutare. Specialmente all’inizio dell’emergenza abbiamo ricevuto molte donazioni da ristoratori e abbiamo avviato una stretta collaborazione con alcuni supermercati con l’attivazione della “spesa sospesa”».

Eppure non basta. «Perché temo che i nuovi poveri aumenteranno – conclude Barone – e abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti per poterli aiutare». Ogni giorno i volontari arrivano alle 9 alle mensa di via Ronchi. E, muniti di guanti e mascherine, fino alle 10.30 preparano i pasti, curano le verdure, confezionano le borse spesa.

Poi, dopo un momento dedicato alla preghiera, dalle 10.45 fino alle 12 distribuiscono all’esterno i sacchetti con i pasti caldi. Al pomeriggio poi ci si dedica alle consegne a domicilio a bordo di due furgoni, una decina al giorno. Per portare un aiuto concreto a chi il Covid ha tolto ogni stabilità, ogni certezza e la sicurezza del lavoro.

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