Ambientalisti al Tar per fermare la caccia

Manca il piano faunistico, presentato il ricorso con la richiesta di sospendere subito l’attività venatoria

UDINE. Con 28 pagine di ricorso le associazioni ambientaliste del Friuli Venezia Giulia tentano di “impallinare” la Regione e, a ruota, i cacciatori. La Lac, Lega per l’abolizione della caccia, con il sostegno e la collaborazione di Lipu, Lav, Legambiente e Wwf, ha chiesto al Tribunale amministrativo di fermare l’attività venatoria fino a quando la Regione non ottempererà agli obblighi di legge.

Primo tra tutti, quello di redigere ed approvare il Piano faunistico-venatorio, atto richiesto dalla legge fin dal lontano 1992 e finalizzato a garantire il rispetto del principio cardine della legislazione comunitaria e nazionale: “L’esercizio dell’attività venatoria è consentito purché non contrasti con l'esigenza di conservazione della fauna selvatica”.

Con questa azione le associazioni ambientaliste unite - stante anche l’inerzia dell’amministrazione regionale, nonostante i plurimi solleciti - avviano un contenzioso legale, finalizzato a riportare «legalità e decenza in un quadro normativo sempre più degradato da norme a favore della peggior parte del mondo venatorio».

La fauna selvatica è per legge un “patrimonio indisponibile dello Stato”. «Omettere per 23 anni consecutivi i procedimenti che ne garantiscono la conservazione o emanare norme palesemente in contrasto con la tutela di questo bene pubblico - sostengono i proponenti il ricorso - non è certamente in linea con la condotta del “buon padre di famiglia” a cui dovrebbe attenersi un amministratore regionale».

In Fvg «il Consiglio regionale ha emanato norme che consentono comportamenti che in ogni altro luogo d’Italia sarebbero sanzionati dal punto di vista amministrativo, o addirittura penale - sostengono -: cacciare sui terreni coperti da neve, sparare da natanti, liberare fauna pronta-caccia, cacciare il capriolo con il segugio e tante altre».

L’Istituto nazionale per la protezione e ricerca ambientale, organismo a cui è per legge delegato il compito di valutare la compatibilità con le esigenze di tutela della gestione venatoria di Regioni e Province, «è stato totalmente esautorato in Fvg» è la posizione degli ambientalisti. E a ragione starebbe nel fatto che l’Istituto si era già espresso in passato dichiarando incompatibili certe modalità di caccia con gli obblighi di tutela della fauna selvatica.

È il caso, per esempio, della caccia con il segugio al capriolo, sulla quale l’Istituto affermò che: “non si reputa condivisibile, anche in relazione alle finalità complessive di conservazione della fauna contenute nelle vigenti norme di settore (articolo 1 della legge 157/92), la scelta di permettere e sostenere l’esercizio della caccia al capriolo con l’ausilio di cani da seguito”.

Dall’omessa redazione del Piano faunistico regionale deriva anche un’altra conseguenza, fino ad oggi inapplicata nel Friuli Venezia Giulia. Come stabilisce l’articolo 15 della legge quadro nazionale, se il piano non fosse stato approvato entro il 1995, i cacciatori non avrebbero più potuto entrare nei fondi altrui senza specifica autorizzazione. Essendo fuori legge la caccia in regione, i proprietari dei fondi ne possono quindi vietare l’esercizio impedendo l’accesso dei cacciatori.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto