«Andai a cercare Gaiatto, trovai le guardie del corpo»

PORDENONE. «Ora sono senza lavoro, erano tutti i miei risparmi – Silvia L. 44 anni, padovana, scoppia in lacrime –. Ci tenevo tanto ad avere un bambino, di farmi una famiglia. Ora non me la sento più. Come si può distruggere così le illusioni e i sogni delle persone? È una cosa tremenda». Silvia è una delle 1.134 persone offese attese all’udienza preliminare di Fabio Gaiatto. Racconta che l’investimento con il gruppo Venice le è stato consigliato da un consulente della sua banca.
Ha perso 21 mila euro: erano tutto ciò che aveva. «Il consulente bancario mi ha detto che avevano investito lui, i suoi fratelli, la sua famiglia. “Vuoi che frego te se ho fatto investire anche i miei genitori?”, mi ha detto. Vedevo sulla app del telefonino gli interessi finti giornalieri che crescevano. Poi, fatalità, il consulente si è licenziato dalla banca perché, diceva lui, aveva trovato un altro lavoro più remunerativo.
Alla fine quando il coperchio è stato tolto su questa truffa della Venice, ho chiesto spiegazioni, ma lui non si è fatto vivo. Io ho sporto querela anche contro di lui, ma non risulta fra gli indagati, forse perché è stato deciso di non invischiare troppe persone o forse non hanno ritenuto che fosse una persona chiave nelle indagini perché è successo solo con me».
Chiodo militare, scarpe da ginnastica, Patrick Marson, 24 anni, guardia giurata di Porcia, si è costituito parte civile con Afue. Con Venice ha perso 10 mila euro, investiti nel settembre 2017. «Per una persona giovane come me quella cifra ha un certo peso, speravo di ricavarci un profitto». A convincerlo, il passaparola degli amici che avevano già investito: «Vedevo che funzionava e mi sono fidato».
Ma le cose per lui non sono funzionate: «Ero convinto di guadagnare già nel primo mese, invece continuavano a ritardare i bonifici. Ho sollecitato più volte la sede della società. Dicevano che c’erano problemi con le banche, di stare tranquilli. Allora sono andato all’inizio del 2018 con un amico a casa di Gaiatto. Lui però non c’era, ho avuto un contatto diretto con le sue guardie del corpo.
Tre uomini, con uno spiccato accento napoletano, non sono stati minacciosi. Mi hanno detto che Gaiatto era assente. “Tranquillo, ti chiamiamo noi”. Sono qui al processo perché spero di riuscire a recuperare almeno una parte dei soldi che ho investito».
Si è affidato all’avvocato Michela Luciani Andreas Seppi, il tennista di Bolzano al numero 49 del ranking mondiale, che con il gruppo Venice ha investito 520 mila euro. Lo sportivo, che risiede negli Usa, diversificava gli investimenti. «È entrato in contatto con le società di Gaiatto – ha precisato l’avvocato Luciani – tramite un broker, Giulio Benvenuti, che gli ha consigliato l’investimento». Gaiatto, peraltro, ha lavorato in un albergo proprio nella Val di Fassa.
Fra i volti noti,anche alle cronache giudiziarie, c’è anche quello dell’imprenditore di Caorle Samuele Faè, finito in carcere a seguito dell’indagine della Dda di Venezia. Per gli inquirenti Faè si è messo a disposizione del clan casalese in Veneto, pur non facendo parte dell’associazione.
L’avvocato Fabio Capraro ha deciso di confermare la costituzione di parte civile, una delle più discusse in aula. Faè, amico di Gaiatto, ha lamentato di aver perso 6 milioni di euro con Venice. Eppure il suo nome non figurava nella lista delle persone offese stilata dalla Procura. Da dove arrivava quel denaro? È la domanda che si pongono gli inquirenti.
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