Anfore e urne romane in giardino: un regalo della madre badessa

Udine, assolto il pittore-gallerista Colussa finito nei guai dopo che i carabinieri avevano trovato reperti a casa. La difesa: si tratta di donazioni ricevute dalla religiosa del monastero di Cividale e da un cliente

UDINE. Le aveva tenute nel giardino di casa per anni, conservandole con l’orgoglio e la cura che solo un appassionato di opere d’arte, tanto più se risalenti a periodi storici assai remoti, può e sa dimostrare. Ma un bel giorno erano arrivati i carabinieri e per lui, che di quei reperti non aveva mai fatto mistero, erano cominciati i guai.

Già titolare dell’allora galleria d’arte di piazza San Giacomo e noto anche per i suoi quadri e restauri, nell’agosto del 2012, Sergio Colussa - che ora gestisce un negozio di cornici in via Tricesimo - si era visto sequestrare le due anfore e le quattro urne cinerarie che gli erano state trovate in giardino. Poi, nel marzo di quest’anno, a conclusione dell’inchiesta scattata nel frattempo per fare luce sul presunto possesso - questa l’ipotesi accusatoria - di beni culturali appartenenti allo Stato, era stato raggiunto da un decreto penale di condanna a 20 giorni di reclusione e 400 euro di multa, convertiti nella pena pecuniaria di complessivi 5 mila 400 euro di multa (sospesa con il beneficio della condizionale).

Deciso a dimostrare la totale insussistenza dell’accusa, l’artista si era opposto, chiedendo di essere processato davanti al gup. In una sede, cioè, adatta a provare la reale provenienza dei cimeli: pezzi sicuramente autentici, ma ricevuti in regalo diversi anni prima e, quindi, legittimamente detenuti. La vicenda si è chiusa qualche giorno fa, con l’assoluzione piena di Colussa e la restituzione dei reperti.

Tutto era cominciato quasi per caso, in occasione della visita che i carabinieri per la Tutela del patrimonio culturale gli avevano fatto a casa, per chiedergli informazioni su alcune opere d’arte. L’occhio allenato dei militari era così caduto sui pezzi disseminati nel giardino: due anfore e quattro urne cinerarie d’epoca romana, che la dottoressa Marta Novello, nella relazione depositata successivamente agli investigatori per valutarne la rilevanza artistica, aveva “certificato” e descritto come largamente presenti nelle zone di Cividale e Aquileia. Da qui, le conclusioni del pm Claudia Danelon e la richiesta di condanna, convalidata l’inverno scorso dal gip Daniele Barnaba Faleschini.

Scontata la reazione del gallerista che, assistito dal difensore di fiducia, avvocato Francesco Scialino, non aveva esitato a presentare opposizione. Ed è stato proprio nel corso del processo con rito abbreviato e condizionato all’audizione di due testi, celebrato la settimana scorsa davanti al gup Paolo Lauteri, che il legale è riuscito a smontare l’impianto accusatorio e a convincere la stessa Procura dell’insussistenza del reato. Se Colussa possedeva quelle opere - questo il succo della difesa - era solo e soltanto perchè qualcuno aveva deciso di regalargliele.

Il primo dono risale al 1967, cioè ancor prima del suo matrimonio, quando un cliente decise di dargli le due anfore. Le urne arrivarono nel 1974 e a donargliele fu la madre badessa del monastero delle Orsoline di Cividale del Friuli, quale ricompensa per alcuni lavori eseguiti nello stesso monastero sotto il quale, all’epoca, Colussa aveva il proprio laboratorio. In aula, per testimoniare le due circostanze, si sono presentati rispettivamente un amico di famiglia e la figlia dell’imputato. A sua volta persuaso dalla versione dei fatti fornita da Colussa, il giudice lo ha assolto con la formula «perchè il fatto non sussiste».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Argomenti:archeologia

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto