Appello della Regione ai dipendenti: «I bar chiudono, rientrate in ufficio»

UDINE. L’invito è di far ritornare la maggior parte dei dipendenti in ufficio per risolvere la crisi dell’indotto degli esercizi commerciali in prossimità delle sedi regionali. I dipendenti lavorano in smart working, in tempi di pandemia, e bar e ristoranti inevitabilmente soffrono la crisi. Che fare? La direzione centrale autonomie locali, funzione pubblica, sicurezza e politiche dell’immigrazione invita i lavoratori a rientrare in ufficio in modo da tornare a usufruire dei locali per il pranzo e le pause caffè.
È quanto si legge nel resoconto inviato a tutti gli iscritti dal Direr, l’associazione dei quadri direttivi e dirigenti della Regione. La convocazione di sindacati ed Rsu al tavolo di contrattazione è avvenuta il 29 settembre, quando i numeri dei contagi erano già in salita. Per la Regione è intervenuta la dirigente, Gabriella Lugarà, che ha posto come questione centrale lo smart working. Il resoconto dell’incontro è stato inviata, come detto, a tutti gli iscritti e non ha mancato di provocare malumori.
«Stiamo per andare incontro a una seconda ondata – si lamentano i dipendenti regionali – e la direzione centrale ci invita a rientrare, nonostante le raccomandazione del Governo. Comprendiamo la difficoltà delle attività economiche ma non possiamo rischiare la salute. Ci sono altri metodi per dare una mano ai titolari».
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’assessore regionale Pierpaolo Roberti chiarisce: «Il settore pubblico ha una responsabilità in più. È evidente che se parliamo di comparto unico sono 15 mila dipendenti che lavorano da casa e che non consumano caffè, non fanno la pausa pranzo e non comprano vestiti. Il Fvg è stato molto rigido all’inizio della pandemia ma siamo stati anche i primi a capire che bisogna riaprire le maglie. Appena l’emergenza è andata scemando abbiamo richiamato la gente in ufficio». Roberti spiega, alla luce del nuovo Dpcm del Governo, che ora la Regione dovrà fare nuove valutazioni. «Siamo stati capaci di mettere oltre 2 mila dipendenti in smart working. Se il contagio aumenta prenderemo nuovamente le opportune misure. Di certo non possiamo far morire le attività economiche. Penso ai bar di via Sabbadini, che non aprono perché non hanno clienti. È una responsabilità del pubblico anche questa».
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