Appropriazione indebita dei fondi per i poveri: condanna confermata al sacerdote

Udine, pene di 1 anno e 8 mesi a don Luigi Fabbro e 1 anno e 2 mesi al commercialista Pirelli Marti: la somma contestata dell’Opera diocesana di assistenza è di 708 mila euro

UDINE. Ora la sentenza di condanna è diventata definitiva. La Corte di Cassazione ha confermato la pena a un anno e otto mesi, con concessione del beneficio della sospensione condizionale, inflitta dal tribunale di Udine nell’ottobre 2014 a don Luigi Fabbro, oggi 77enne, per l’appropriazione indebita aggravata dei fondi dell’Opera diocesana di assistenza.

Dei soldi, cioè, destinati ai poverelli, per un ammontare di poco più di 700 mila euro. Esattamente un anno fa, la Corte d’appello di Trieste era approdata già alle medesime conclusioni, lasciando immutata anche la sentenza che aveva visto il commercialista Franco Pirelli Marti, 63 anni, coimputato nel processo, uscirne in primo grado con una condanna a un anno e due mesi (a sua volta sospesa con la condizionale e ora diventata pure definitiva).

Il verdetto è stato emesso dalla seconda sezione penale della Suprema Corte, cui il solo sacerdote aveva presentato ricorso con l’assistenza legale del proprio difensore di fiducia, avvocato Maurizio Miculan.

Coordinata dal procuratore aggiunto Raffaele Tito - fresco di nomina a capo della Procura di Pordenone -, l’inchiesta era partita dalle dichiarazioni rilasciate dallo stesso Pirelli Marti nel corso di una delle tante deposizioni rese, in qualità di indagato per una serie di bancarotte, nel periodo nero seguito al crollo dell’impero finanziario costruito insieme a monsignor Fabbro sotto l’egida dell’Ente friulano assistenza e del suo braccio operativo, la cooperativa Ge.Tur (non a caso controllati proprio da lui e dall’amico prete-manager).

Tutto era cominciato all’inizio del nuovo millennio, con l’arrivo nelle casse dell’Oda del lascito di monsignor Carlo Brianti: un patrimonio calcolato in un miliardo di vecchie lire e che, aggiunto alle offerte e ai crediti già presenti in bilancio, aveva portato la disponibilità dell’ene a una somma complessiva di 708.106 euro.

A presiederne il Comitato di garanzia, dal 1988, era don Fabbro. Ed è proprio lui che, nel giugno del 2001, decise di utilizzare i 516.456 euro del lascito per erogare un prestito fruttifero a Fingefa, cioè alla spa che controllava la galassia societaria cui la Curia friulana aveva affidato la gestione delle attività di assistenza e turismo sociale del territorio, da Lignano a Sappada.

Al vertice del Cda siedeva Pirelli Marti. L’accordo prevedeva il versamento all’ente degli interessi.

Nel 2009, però, il meccanismo si interruppe: con nota del 16 dicembre, monsignor Fabbro comunicò a Pirelli Marti di rinunciare alla restituzione del prestito. E di farlo senza alcuna contropartita.

Un regalo in denaro di un’istituzione canonica a una società di capitali con scopo di lucro, quindi, e non a caso in manifesta difficoltà finanziaria. E seguito dall’ulteriore «regalo» a Tuglia Sci, una delle società satellite di Fingefa, degli interessi maturati con il prestito, attraverso quattro assegni circolari, per complessivi 140 mila euro.

Davanti al giudice monocratico Mariarosa Persico, il pm aveva proposto la condanna di don Fabbro a 4 anni. Per il commercialista, che nel procedimento era difeso dagli avvocati Luigi Francesco Rossi e Federica Tosel, invece, aveva chiesto l’assoluzione, non avendo il sarcerdote confermato nel corso del dibattimento il suo concorso istigativo nel reato.

«Il processo ha dimostrato come le somme furono destinate al tentativo estremo di salvare le società – ha ribadito l’avvocato Miculan – e come da questa vicenda don Fabbro non abbia ricavato alcun arricchimento personale. Il fallimento della galassia societaria è storia nota a tutti ed è stato questo a rendere impossibile il recupero del denaro».

Era stato l’arcivescovo Andrea Bruno Mazzocato, nel 2010, al suo arrivo a Udine, a invitare don Fabbro ad abbandonare la presidenza dell’Oda e, con un autentico ribaltone, ad azzerare i vertici dell’Efa e di Ge.Tur.

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