Archeologia urbana a Udine: un viaggio nella storia della città
Pubblicato dal Comune e curato da Paola Visentini, il volume verrà presentato mercoledì 22 gennaio alla Fondazione Friuli. La ricostruzione parte dall’età del Bronzo per arrivare alla modernità
Molto più di un libro. Basta sentirne il peso, sfiorarne la copertura rigida verde, puntellata del titolo e della sagoma del Castello incisi in oro, per capire che Archeologia urbana a Udine è un’opera d’arte, un testo da leggere, da studiare e da conservare esposto in primo piano nella libreria, per poterlo consultare spesso. Pubblicato dal Comune e curato da Paola Visentini, curatrice del museo archeologico, il volume verrà presentato mercoledì alle 18 in Fondazione Friuli, in presenza delle istituzioni e con l’intervento di Mark Pearce, archeologo docente all’università di Nottingham.
L’opera
Un lavoro composito, che, nel solco già tracciato dall’opera apparsa nel 2023 con il medesimo titolo, ma dedicata solo al colle del Castello, in oltre quattrocento pagine ricostruisce la storia di Udine dall’età del bronzo alla modernità, con il prezioso contributo di dodici interventi di esperti: docenti, ricercatori, archeologi, provenienti dal Nordest con incursioni in altre parti d’Italia, che hanno scandagliato vari aspetti della storia cittadina.
E così, accanto al saggio di Micaela Piorico dedicato ai primi scavi in città, troviamo la ricostruzione a più mani delle origini di Udine, a partire da dati geologici, archeologici ed etnografici, per proseguire poi con un focus sull’epoca romana e, in ordine cronologico, passare al Medioevo, toccando aspetti della vita quotidiana, come l’artigianato e le monete;
Se Paola Saccheri ed Enrica Capitanio si concentrano specificamente sul cimitero dimenticato di piazza Venerio, Gabriella Petrucci fotografa “l’archeozoologia urbana”, con un viaggio sulle tracce degli animali nei siti cittadini, mentre gli ultimi due interventi sono focalizzati sullo sviluppo urbanistico che porta il castrum romano a trasformarsi in città e la città stessa ad allargare le sue dimensioni.
Il progetto
Il volume, frutto di un’intensa attività di ricerca, iniziata nel 2009, è uno dei tasselli di un puzzle ancora più corposo, che vede coinvolto tutto il territorio friulano: «Questa pubblicazione è una finestra sul futuro per tutti i 18 Comuni – scrive in esergo l’assessore comunale a Istruzione, università e cultura Federico Pirone –, riuniti da diversi anni in una rete che ha tra i suoi compiti la valorizzazione di tumuli e castellieri».
Tale rete si è posta un obiettivo molto ambizioso: «Gettare le basi per un riconoscimento a patrimonio dell’Unesco, andando ben oltre i confini regionali». Un progetto che punta il vettore dello sguardo al passato e al futuro in contemporanea: tra le tante degli ultimi anni, c’è una scoperta che più di altre ha pesato sulla bilancia del sì alla candidatura Unesco.
Il colle del castello
«La scoperta della natura del tutto artificiale del colle da sempre identifica Udine non che regalarci nuove prospettive per la nostra città» specifica il sindaco Alberto Felice De Toni nel suo contributo d’apertura per il volume. «Il colle risale a un periodo compreso tra 3300 e 3400 anni fa, e si presenta ora come il colle artificiale più alto d’Europa, rivelando una realtà prima nascosta dalla leggenda: Udine non nasce intorno al colle, ma bensì il colle è stato costruito per la difesa della città» scrive De Toni, precisando come questo particolare cambi parecchio le carte in tavola.
L’apporto multidisciplinare
Tra scientifico e divulgativo, il prezioso volume è arricchito dalla pluralità di voci che vi si esprimono: «Le conferme ai dati raccolti con i carotaggi, ottenute dalla datazione dei manufatti e dalla lettura dei taccuini conservati presso il Circolo speleologico e idrologico friulano, testimoniano l’importanza degli archivi» aggiunge Andrea Pessina, soprintendente Archeologia, belle arti e paesaggio del Friuli Venezia Giulia.
Fondamentale, poi, il ruolo collettore dei Musei civici, come spiega Antonio Impagnatiello, dirigente del servizio Cultura e istruzione: «Istituzione culturale che non solo espone oggetti, ma si pone come soggetto attivo e trasformativo per leggere la realtà».
Il cimitero dimenticato
La fotografia, concessa dalla Fototeca dei Musei civici di Udine, incornicia l’area di scavo del 1989 su piazza Venerio, indagata per documentare i resti del Palazzo Savorgnan, prima di essere demoliti per costruire il parcheggio sotterraneo. Durante quelle operazioni, spiega l’archeologo Maurizio Buora, «furono trovati numerosi individui accumulati in cinque o sei strati sovrapposti».
Le tombe in muratura
Questa immagine, estrapolata dall’archivio della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio del Friuli, risale al successivo scavo, effettuato sempre nell’area di piazza Venerio, ma nel 2003, quando vennero rinvenute 65 tombe in muratura: si vedono varie ossa umane non in connessione anatomica e frammenti di laterizi che probabilmente erano residui della copertura.
Il tumulo funerario
Dal laboratorio di Protostoria dell’università di Udine proviene questa foto, scattata nel 2000, che immortala gli scavi al tumulo funerario di Sant’Osvaldo, struttura circolare situata su una piccola altura sulla riva sinistra del torrente Cormor: in primo piano si notano i resti di una fornace per calce di epoca tardo antica e sul fondo i ciottoli della calotta costruita a protezione della tomba.
Archeologi al lavoro
Concessa dal laboratorio di Protostoria e inserita nel volume, l’immagine documenta il lavoro di analisi degli archeologi condotto nel 2002: nello specifico, qui erano in corso le operazioni di rilevamento del nucleo in ciottoli che custodiva la tomba, al cui interno giaceva lo scheletro di un uomo tra i 25 e i 35 anni, probabilmente sepolto durante l’età del bronzo antico, circa 4 mila anni fa.
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