«Aspettando il Giro vi racconto i miei Tour»
AVIANO. Nell’attesa di applaudire il vincitore della 19ª tappa del Giro d’Italia – che il 27 maggio, partendo da San Candido arriverà in Piancavallo – ad Aviano Pietro Polo Perucchin “Perin” sarà protagonista delle “Giornate del Giro”, organizzate dal Comune. Lo festeggeranno in tanti soprattutto nella “notte rosa”, venerdì 26 maggio, alla vigilia dell’arrivo in Piancavallo.
Pietro Polo Perucchin, 88 anni, di Giais, è l’orgoglio degli sportivi avianesi e degli ex emigranti, una gloria del ciclismo d’altri tempi, impastato di fatiche, sudore e sacrifici. “Perin” per gli amici, “Polò” nelle cronache sportive del Tour de France e dei circuiti delle classiche d’oltralpe dal dopoguerra agli anni Sessanta, ora rimarrà nella memoria degli avianesi anche grazie a un libro con la sua biografia e alla mostra sulla sua vita da ciclista professionista, emigrato in Francia.
Entrambe le iniziative sono state volute dall’amministrazione comunale e, in particolare, dall’assessore al turismo Carlo Tassan Vol.
Pietro Polo Perucchin da alcuni anni si regge con un treppiede. A fermarlo, ultraottantenne, un incidente stradale, mentre rincasava con la sua bici da corsa, dopo aver pedalato per una sessantina di chilometri, cosa che faceva ogni giorno. Il suo racconto, pieno di aneddoti, corre, sul filo dei ricordi, alla sua avventura umana e sportiva vissuta in Francia da gregario che sapeva far stupire il proprio capitano, il mai dimenticato Raphael Géminiani, e i grandi avversari come Louison Bobet e Jacques Anquetil.
“Polò” era sì gregario, ma a volte vinceva come al circuito del Mont Ventoux nel 1956, stabilendone il record, o nelle tappe importanti del Grand Prix du Midi Libre. Tour du Sud. Sapeva comportandosi con generosità e tenacia durante l’interminabile Tour de France. È un fiume in piena “Polò” quando racconta la sua vita in Francia, al Tour e nelle classiche, e mentre lo si ascolta, l’iniziale simpatia che si prova per lui si trasforma in empatia. Sembra di essere lì, assieme a “Polò” sul Mont Ventoux o sull’Izoard, sembra di provare a stargli a ruota, venendo inesorabilmente staccati.
«Mi voleva bene Raphael Géminiani. Il nostro capitano sapeva compensarci della fatica profusa al Tour, procurandoci buoni ingaggi nei vari circuiti durante l’anno. Jacques Anquetil era lo stile, la bellezza del ciclismo, oltre che un amico. Ho anche potuto conoscere Gino Bartali e ammirare il grande Fausto Coppi».
“Polò”, apre, non solo metaforicamente, la valigia dei suoi ricordi. «Dopo la guerra, in Francia, iniziando a pedalare – racconta – mi muovevo con il treno dove caricavo la bicicletta e la mia inseparabile valigia». Le maglie della varie squadre di Pietro sono appoggiate sulle pagine dei giornali che titolano su alcune sue imprese. «All’epoca c’erano circa 15 mila candidati da selezionare per il Tour e – ricorda Polò – partivano 120 corridori, metà dei quali arrivavano a Parigi. Sono stato selezionato una decina di volte, ma ho potuto partecipare solo a due Tour, nel ’54 e nel ’58.
La settimana prima del via – ricorda amaro – arrivava spesso il francesino di turno che mi contestava, in quanto immigrato italiano e così finiva per prendere il mio posto». Anche in Italia si è fatto notare con buoni piazzamenti alle classiche e vincendo, nell’aprile 1956, il Giro di Sicilia. E chiude la carrellata dei ricordi, contento della festa che gli dedicheranno in maggio per l’arrivo del Giro in Piancavallo. «Se penso al presente – conclude Pietro – vedo crescere i miei cinque nipoti. Due di loro, Cesare e Caterina, hanno la passione per la bici. E magari faranno meglio di me».
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