Assegni ridotti fino al 30% per chi sceglie di andarsene prima

Giuseppe Rossi è un lavoratore dipendente nato nel 1957, compirà 62 anni il 15 maggio 2019 e ha incominciato a lavorare nel 1981, all’età di 24 anni. Da allora non ha mai smesso e maturerà, pertanto, nel giugno del prossimo anno, un’anzianità contributiva di 38 anni. Per poter andare in pensione nel 2019, con le regole della legge Fornero, il nostro ipotetico lavoratore dovrebbe però avere 67 anni, quelli previsti per la pensione di vecchiaia, o in alternativa aver maturato 43 anni e 3 mesi di contributi. L’appuntamento con la pensione, quindi, andrebbe rimandato al 2024, tra l’altro non a giugno, a 67 anni compiuti, ma a ottobre, perché nel 2024 di anni l’età minima salirà a 67 anni e 4 mesi.
L’ANTICIPO
Giuseppe morde il freno: vorrebbe stare a casa con la moglie ma non rientra in alcuna delle categorie (lavoratori precoci, addetto a mansioni gravose, invalido) che possono usufruire di un’uscita anticipata. L’unica soluzione prevista oggi dalla legge, l’Ape (Anticipo pensionistico) volontario, gli consentirebbe di anticipare la data di pensionamento di 3 anni e 7 mesi, cioè al 1° marzo 2021. Conti alla mano, però, questo comporterebbe una riduzione del 20% della sua pensione netta, vita natural durante. Invece dei 1.700 euro netti che maturerebbe nel 2024, si dovrà accontentare di 1.250 euro fino al 2024 e 1.350 dal 2024 in poi. Troppo pochi.
QUOTA 100
Se venisse davvero introdotta nel 2019, quota 100 apparirebbe come la risposta ideale alle aspettative di Giuseppe. Maturando i requisiti previsti (62 anni e 38 di contribuzione) a maggio, a giugno potrebbe già accedere alla pensione, con più di 5 anni di anticipo rispetto ai paletti Fornero e quasi 2 rispetto all’Ape volontario. Anche questo, però, non sarà a costo zero. Cinque anni in meno di contribuzione, secondo le stime dell’Inps, comporterebbero una riduzione del 29% del suo assegno pensionistico, costruito in buona parte con il sistema contributivo. E l’assegno netto mensile, calcolatrice alla mano, si aggirerebbe attorno ai 1.300 euro: più o meno la stessa cifra garantita dall’Ape, che può contare su qualche incentivo fiscale in più.
GUERRA DI CIFRE
Gli esponenti del Governo, Matteo Salvini in testa, hanno fortemente contestato i numeri forniti dall’Inps. Numeri ribaditi, peraltro, dalla relazione dell’Ufficio parlamentare di bilancio, che ipotizza, a seconda dell’anno di pensionamento, penalizzazioni sulla pensione lorda che vanno dal 5% se l’anticipo è di 1 anno rispetto ai limiti della Fornero, fino al 30% e anche oltre per i casi estremi di chi, grazie a quota 100, riuscisse ad anticipare di quasi a 6 anni l’accesso alla pensione (vedi tabella). Al di là del gioco delle parti e della guerra di cifre, è evidente che una penalizzazione ci sarà e che sarà uno dei probabili fattori destinati a ridurre il ricorso a quota 100.
L'APPEAL
La percentuale di beneficiari rispetto alla platea dipenderà dalle situazioni individuali. In presenza di un lavoro poco gravoso e ai cosiddetti “carichi familiari”, anche una penalizzazione molto inferiore rispetto al 30% dell’assegno sarà giudicata un gioco che non vale la candela. Ma in tante situazioni di lavoro gravoso o magari a rischio di licenziamento, quota 100 rappresenterà una via d’uscita molto utilizzata.
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