Assemblea della banca di Cividale: i risvolti e il dietro le quinte FOTO -VIDEO

Sedici gli interventi: 14 a favore del presidente, due decisamente contro Bosco: essere indagati non è essere colpevoli, ma era giusto farsi da parte

CIVIDALE. Non poteva essere lui la sorpresa. Anche perché era scritto che quella del notaio Pierluigi Comelli sarebbe stata la cronaca di un attacco annunciato. L’ennesimo contro Pelizzo, quello che lui definisce il padre padrone della Banca. Così, il vero coup del theatre, inaspettato quanto decisamente argomentato, è toccato all’ex senatore Rinaldo Bosco. Che arriva sul palco e premette che registrerà il suo intervento giacché non vuole essere interpretato in un’assemblea che si tiene in un momento non facile.

Presidente dimissionario

Bosco dice di non volere credere a ciò che ha letto, «ma le accuse mosse contro il nostro direttore generale – attualmente agli arresti domiciliari –, al suo vice e al nostro “inossidabile” presidente risultano essere talmente pesanti che ci saremmo aspettati, oggi, un presidente dimissionario e seduto tra noi» in attesa degli sviluppi dell’indagine della magistratura. Certo – spiega Bosco – essere indagati non significa essere colpevoli, ma per meglio collaborare alla dimostrazione della propria estraneità, sarebbe certamente stato utile, dottor Pelizzo, farsi da parte e restare in attesa di esiti certi e inconfutabili sulla propria posizione, magari con la soddisfazione di una sentenza di piena assoluzione».

Il senso del limite

Insomma, secondo l’ex parlamentare, il problema non è soltanto dipanare ogni sospetto, ma soprattutto «ossequiare quei criteri di onorabilità che la nostra Banca ha posto come fondamentale requisito per accedere ai posti di comando della medesima. Mi auguro che lei, dottor Pelizzo, non confonda se stesso con la Banca, che lei non abbia perso il senso del limite, la Banca siamo noi azionisti e lei ne é solo presidente, l’amministratore responsabile in capo». Per Bosco, dunque, gli azionisti sono la vera parte lesa. Diversa – insiste – è la posizione di Pelizzo che «dovrà dimostrare non qui, ma nelle sedi opportune la propria estraneità ai fatti contestati».

Incompatibiltà legale

Bosco ricorda anche che la stampa – «notizie non smentite – asserisce che i legali, uno a suo difesa e uno della Banca, entrambi incaricati da Lei, lavoreranno in tandem e ciò sinceramente ci sconcerta, considerata l’incompatibilità dei ruoli tra parte offesa e possibile offensore, tra controllore e controllato , in una vicenda che, comunque vada, credo valga sempre il teorema per cui, se le accuse mosse nei suoi dirigente fossero vere: lei non poteva non sapere». Anche per questo, con un pizzico di ironia, Bosco si augura che «la casa di Startrek, come è stata definita, invece di essere un monumento non diventi una pietra tombale alla sua ultraquarantennale amministrazione».

Possibili azioni di tutela

A conclusione del suo intervento Bosco ricorda che gli azionisti hanno affidato al presidente i propri beni, i risparmi e che in virtù di questo chiede come sono stati amministrati. «Solo a vicenda chiusa – insiste –, quando sarà dimostrata e confermata la sua estraneità, noi potremo renderle la nostra piena fiducia. Intanto, invitiamo le autorità di superiore competenza a prendere i dovuti provvedimenti senza altro indugio». Infine, Bosco annuncia che l’Associazione degli azionisti «si riserva l’azione di tutela più opportuna in ogni sede competente, nei confronti di chi eventualmente sarà ritenuto responsabile dei danni arrecati».

L’accusa contro gli avvoltoi

Bosco ha finito. Riceve alcuni applausi. Pochi di fronte ai battimani ricevuti dai 14 intervenuti a favore dell’attuale presidente. Paolo Rizza, commercialista ed ex ad di Goccia di Carnia, fa notare che è vero che il presidente è in sella da 43 anni, ma è altrettanto certo che «è sempre stato nominato dall’assemblea. Magari, si potrebbe pensare a modificare lo Statuto immaginando non più di tre mandati». Rizza non crede alle coincidenze e fa notare che il caso giudiziario è scoppiato dieci giorni prima di questa assemblea. Dunque, a suo avviso, «gli avvoltoi volano sempre più bassi». E più volte ieri, in assemblea, è stata evocata una presunta regia da parte degli avvoltoi, di quanti cioè si stanno adoperando per vendere la Banca, l’ultima popolare del Friuli.

I meriti del presidente

Uno degli affondi più decisi a sostegno del presidente arriva dal mantovano Fontanini, ex primario chirurgo, per alcuni anni residente in regione e azionista da diversi lustri nella Cividale e in molte altre banche del Fvg e no. Non solo non ha gradito gli interventi di Comelli e Bosco, ma arriva a dire che Pelizzo andrebbe benedetto. E spiega che la Banca di Cividale è l’unica ad avere risistito agli assalti dei grandi istituti e di essere rimasta in piedi, unica tra le altre otto popolari friulane. Snocciola dati, rispolvera aneddoti e fa paragoni con la storia di altre popolari anche fuori regione, per confermare che quella di Cividale ha sempre garantito utili importanti. «Se siamo qui – chiosa – è anche merito di quel signore lì che ci ha sempre parato il .... in tutti questi 40 anni».

I bravi si facciano avanti

Sì, gli azionisti che intervengono fanno quadrato attorno al loro presidente. «Sono qui per difendere il buon nome della Banca», dice ad esempio Bruno Budai. Secondo cui è vero che Pelizzo è in sella da oltre 40 anni, ma è anche evidente che «purtroppo questo territorio non ha voluto o saputo esprimere autorevoli personaggi in grado di convincere i soci a cambiare». Insomma, Pelizzo è un grande presidente – dice ancora – per cui «se ci sono personalità che ambiscono si facciano pure avanti». E una strenua difesa di Pelizzo è arrivata anche da Mario Brancati, ex assessore regionale alla Sanità, mentre Franco Tracogna ha chiesto maggiore attenzione alla politica del contenimento dei costi».

La richiesta di espulsione

Ma l’intervento più duro, frontale, spigoloso contro gli avversari di Pelizzo arriva da un ex direttore Banca di Cividale, filiale di Tolmezzo, Romano Collinassi. Parla dei suoi trascorsi, ricorda come avvengono gli affidamenti e per questo riconosce la prudenza e la dirittura morale del presidente Pelizzo. «Biasimo – accusa – gli azionisti che invocano la gogna mediatica. Come socio mi sento danneggiato da chi ha chiesto il commissariamento della Banca. Vorrei allora che venissero quantificati i danni all’immagine che questi hanno prodotto». Infine, l’affondo più duro quando Collinassi invoca l’articolo 15 dello Statuto della banca, quello che prevede l’espulsione, «affinchè questo stillicidio possa avere fine. A Pelizzo vadano allora la stima, la fiducia e la nostra riconoscenza». Arriva forse l’applauso più lungo, più sentito, più solidale con il presidente che di lì a qualche minuto dovrà incassare l’intervento del notaio Pierluigi Comelli.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto