Attesa di 12 ore al pronto soccorso per un pensionato

Era in preda ai dolori. La protesta della moglie che si è rivolta all’Associazione diritti del malato. Arrivato alle 9.49 all'ospedale di Tolmezzo, è stato dimesso alle 22.23. Per i casi non gravi i tempi previsti sarebbero di 30 minuti

TOLMEZZO. Una dozzina di ore su una seggiola in sala d’attesa. Tanto c’è voluto a un pensionato tolmezzino per essere visitato e dimesso dal Pronto soccorso dell’ospedale di Tolmezzo al quale si era rivolto in preda ai disturbi provocati da una caduta avvenuta nei giorni precedenti, o più probabilmente da una crisi di artrite reumatoide cronica.



A segnalare l’accaduto all’Associazione diritti del malato è stata la moglie del pensionato che a causa del dolore non riusciva più a camminare.

«Siamo passati al triage alle 9.49 e finalmente chiamati alla visita medica alle 19.04 per chiudere il tutto alle 22.23. Mi permetto di far presente la mia indignazione – esordisce Anna Lisa Gortani –. Non è possibile che una persona di 70 anni debba aspettare 12 ore su una scomodissima sedia per risolvere un problema che probabilmente in poco più di un’ora poteva essere risolto.

Mio marito al triage presentava un dolore valutato 6, e in tante ore nessuno ha avuto il tempo di controllare se continuava ad essere sopportabile o meno, forse arrivando a un dolore di 10 avremmo avuto la possibilità di essere visitati prima.

E forse si capisce come succede in qualche ospedale che il malato che aspetta la visita muoia prima di arrivarci. A lungo andare chissà che non succeda anche nel nostro ospedale di Tolmezzo. Al di là del dolore di chi dovrebbe subire, sarebbe anche una vergogna per tutto il nostro Friuli».

Nella bacheca della sala d’attesa al Pronto soccorso di Tolmezzo, c’è un foglio del 2016 che indica il periodo di attesa previsto per ogni codice di priorità: per quelli bianchi, che vengono attribuiti ai pazienti meno gravi come era successo al settantenne in questione, l’avviso prevede 30 minuti di attesa. «E da qui ad arrivare a tutte quelle ore mi sembra proprio poco serio» commenta Gortani.

Ma una nota di merito c’è, fa notare la donna, e va data al personale, medici, infermieri e operatori sanitari, che malgrado il carico di lavoro e il comprensibile disappunto di chi affrontava una lunga attesa, «si sono sempre presentati con delicatezza verso di noi e mai hanno alzato la voce, mai hanno avuto una parola brutta, accettando i miei nervosismi, comprensibili, pur sapendo che non era colpa loro» assicura.

Da qui l’interrogativo che si pone la donna: «Come si fa a chiudere tutto quello che c’è nelle vicinanze (come Gemona per il nostro caso) concentrando tutto a Tolmezzo, senza prima aver adeguatamente trasformato la struttura ricevente, dandole la capacità di affrontare il carico di lavoro supplementare che ne sarebbe conseguito?».

L’azienda sanitaria, interpellata dal Messaggero Veneto, ha spiegato che risponderà appena avrà raccolto tutti gli elementi sulla vicenda

©RIPRODUZIONE RISERVATA
 

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto