Auto taroccate, Moretto e venditori nei guai

TAVAGNACCO. Taroccava i contachilometri delle auto usate e poi le metteva in vendita nei saloni di Tavagnacco e Portogruaro, spacciandole per quasi nuove. Per farlo, Luca Moretto, legale rappresentante della “Lucar srl” di via Nazionale, si faceva aiutare da due meccanici e da alcuni venditori.
Tutti complici, quindi, del medesimo piano criminale. Questa, almeno, è l’ipotesi investigativa attorno alla quale ruota l’accusa che la Procura di Udine ha formulato a carico del titolare della concessionaria e di sette suoi collaboratori.
L’avviso di conclusione delle indagini preliminari è stato notificato in questi giorni. Associazione a delinquere finalizzata alla truffa e alla frode nell’esercizio di un’attività commerciale i reati ipotizzati dal pm Paola De Franceschi. Della vicenda, oltre a Moretto, 38 anni, di Udine, sono chiamati a rispondere i tecnici specializzati Gianfranco Rossi, 59, di Udine, Andrea Miozzo, 47, di Jesolo, e i venditori Leonardo Napoli, 64, di Udine, Massimo Agrimi, 48, di San Daniele, Flavio Niccolini, 57, di Udine, Eligio Pauluzzi, 65, e Riccardo Trevisan, 54, di Portogruaro.
Di casi simili, in tutta Italia, si è scritto in lungo e largo. Anche al tribunale di Udine, in questi mesi, è in corso un processo a carico di un concessionario friulano accusato di un episodio analogo.
Ad aggravare la posizione di Moretto e degli altri indagati è l’ipotesi del 416, l’articolo del codice penale che regola l’associazione a delinquere. Una quarantina le manomissioni contestate per il periodo compreso tra il 2010 e il 30 maggio 2014, data delle perquisizioni dei carabinieri di Conegliano.
Era stato proprio alla loro stazione che un acquirente si era rivolto, per presentare la prima delle querele che hanno poi ispessito il fascicolo giudiziario. Le indagini avevano in breve accertato non essersi trattato di un episodio isolato.
Pur senza calcolarlo, la Procura ha indicato il vantaggio economico della presunta truffa nella maggiorazione di prezzo fatta pagare ai clienti, sulla base di un chilometraggio ribassato rispetto a quello reale. Il trucco, trattandosi di addetti ai lavori, sarebbe stato un gioco da ragazzi.
Si trattava semplicemente di alterare la centralina elettrica dei contachilometri e di riportare la falsa attestazione sulle rispettive carte di circolazione. Stando alla ricostruzione accusatoria, Moretto impartiva le direttive ai due tecnici e ai propri dipendenti e loro eseguivano. Ai venditori spettava naturalmente anche il compito di garantire gli acquirenti sull’esatta corrispondenza dei chilometri indicati con quelli effettivamente già percorsi dalle auto. Tra i veicoli taroccati, soprattutto Toyota, Hyundai e Lexus.
Decisamente ridimensionato la rappresentazione dei fatti proposta dall’avvocato Maurizio Miculan, che nel procedimento difende Moretto.
«I reati contestati non sussistono in fatto e in diritto – afferma il legale –. Le auto che risulterebbero oggettivamente alterate nel chilometraggio sarebbero una quindicina, a fronte delle oltre 3.000 vendute nel periodo di investigazione. Per di più – continua –, si tratterebbe di differenze modestissime, di 10/15 mila chilometri a vettura, insufficienti a incidere sul reale stato di efficienza della singola auto. Il minor valore di ciascun mezzo asseritamente modificato, quindi, sarebbe di poche centinaia di euro, rispetto a quello della singola vendita». Da qui, secondo il difensore, l’esclusione dell’ipotesi di reato associativo «che presuppone la sistematicità della condotta e il dolo specifico teso a ottenere un ingente arricchimento personale».
Ma c’è anche un altro aspetto che la difesa ha inteso valorizzare, nella memoria difensiva depositata al pm con relativa richiesta di archiviazione.
«Parliamo di vetture ritirate dalla concessionaria come usate, anche da società di noleggio. Nulla esclude – sostiene Miculan – che ci possano essere state precedenti modeste modifiche, non imputabili al mio assistito».
A giocare a favore di Moretto, intanto, è la remissione delle querele presentate dai privati ottenuta già dalla difesa, anche alla luce della modestia degli importi in gioco e dell’antieconomicità di eventuali contenziosi giudiziari.
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