Azienda lombarda vuole acquisire la Sweet

È la Lazzarini dolciumi di Bergamo: trattativa avviata con la ditta goriziana fallita. Vertice qualche giorno prima di Ferragosto. E i 54 lavoratori sperano nella svolta
Bumbaca Gorizia 08.08.2013 Sweet svuotamento armadietti maestranze Fotografia di Pierluigi Bumbaca
Bumbaca Gorizia 08.08.2013 Sweet svuotamento armadietti maestranze Fotografia di Pierluigi Bumbaca

GORIZIA. La trattativa c’è ed è avviata. Per conoscerne l’esito, tuttavia, sarà necessario attendere almeno i primi giorni di settembre. E’ la “Lazzarini dolciumi” di Bergamo l’azienda che più concretamente si è fatta avanti nelle scorse settimane per rivelare l’attività della Sweet spa, dichiarata fallita il 29 luglio dal Tribunale di Gorizia.

A confermarlo è lo stesso Fabrizio Manganelli, che ammette i contatti con la spa orobica, la prima a manifestare l’interesse per l’azienda goriziana, che fino a un paio d’anni fa poteva vantare un fatturato annuo di poco inferiore ai 20 milioni di euro: Lazzarini, fondata ad Azzano San Paolo nel 1890 come impresa operante nel commercio, ha preso i contatti con il curatore fallimentare della Sweet, il commercialista Giuliano Bianco, già nei primi giorni di agosto, appena affiorata la notizia del fallimento della ditta goriziana.

I primi contatti, il sopralluogo al capannone e un vertice pochi giorni prima di Ferragosto fanno ben sperare per il futuro: del gruppo bergamasco fanno parte anche i marchi Dolber (specializzato in caramelle in “stick”) e Ravazzi, leader nazionale nella produzione di gommose.

L’azienda della famiglia Lazzarini distribuisce e commercializza 16 mila prodotti, specializzata nel ramo all’ingrosso dei dolciumi: proprio in questo filone si inserisce l’ambizioso progetto Dolcitalia, rete di 180 grossisti che lavora a iniziative comuni in ambito dolciario.

Nella galassia dell’ultracentenaria ditta lombarda potrebbe così entrare anche Sweet, issatasi nel corso degli anni ai vertici mondiali nella produzione e distribuzione degli ovetti di cioccolato con sorpresa: inattaccabile la leadership mondiale di Ferrero, l’azienda fondata Manganelli – con l’invenzione dell’ovetto bicolore – era riuscita a esportare in tutta Europa i propri prodotti, confezionati nello stabilimento di via Gregorcic.

Poi, l’addio dell’imprenditore ligure Enrico Preziosi e investimenti non monetizzati avevano costituito il preludio all’inversione della china.

A contribuire a far colare a picco l’azienda è stato pure l’esborso per la realizzazione del nuovo capannone in via San Michele: Sweet ha investito 15 milioni di euro per realizzare uno stabilimento da 15mila metri quadri distribuiti su tre piani, in larga parte refrigerati, con l’acquisizione dei terreni circostanti e la messa a punto dei sottoservizi nell’area: utilizzato soltanto come deposito e mai entrato a regime, avrebbe dovuto ospitare nuove linee di produzione con l’obiettivo di espandere il business dell’azienda.

Ora, la possibile svolta, attesa anche dai 54 lavoratori ancora a libro paga della Sweet. Per stessa ammissione di Manganelli e secondo quanto fatto trapelare dal curatore fallimentare nel corso degli incontri con i sindacati, le manifestazioni d’interesse non mancherebbero: se con Lazzarini la trattativa appare già avviata, altre realtà – italiane, ma anche dal Nord Europa - si sono fatte avanti per prendere informazioni sull’attività dell’industria isontina.

Costituita nel 1994 da Manganelli, Sweet ha chiuso i battenti con una passività di oltre 19 milioni: al top della produzione, la ditta era stata capace di far uscire dai propri stabilimenti oltre 70 milioni di ovetti all’anno, scesi a 45 nel biennio 2010-2011. Poi il lento declino e lo stop, lo scorso marzo, quando complice l’esposizione è diventato impossibile per l’azienda investire nell’acquisto delle materie prime.

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