Azienda lombarda vuole acquisire la Sweet
GORIZIA. La trattativa c’è ed è avviata. Per conoscerne l’esito, tuttavia, sarà necessario attendere almeno i primi giorni di settembre. E’ la “Lazzarini dolciumi” di Bergamo l’azienda che più concretamente si è fatta avanti nelle scorse settimane per rivelare l’attività della Sweet spa, dichiarata fallita il 29 luglio dal Tribunale di Gorizia.
A confermarlo è lo stesso Fabrizio Manganelli, che ammette i contatti con la spa orobica, la prima a manifestare l’interesse per l’azienda goriziana, che fino a un paio d’anni fa poteva vantare un fatturato annuo di poco inferiore ai 20 milioni di euro: Lazzarini, fondata ad Azzano San Paolo nel 1890 come impresa operante nel commercio, ha preso i contatti con il curatore fallimentare della Sweet, il commercialista Giuliano Bianco, già nei primi giorni di agosto, appena affiorata la notizia del fallimento della ditta goriziana.
I primi contatti, il sopralluogo al capannone e un vertice pochi giorni prima di Ferragosto fanno ben sperare per il futuro: del gruppo bergamasco fanno parte anche i marchi Dolber (specializzato in caramelle in “stick”) e Ravazzi, leader nazionale nella produzione di gommose.
L’azienda della famiglia Lazzarini distribuisce e commercializza 16 mila prodotti, specializzata nel ramo all’ingrosso dei dolciumi: proprio in questo filone si inserisce l’ambizioso progetto Dolcitalia, rete di 180 grossisti che lavora a iniziative comuni in ambito dolciario.
Nella galassia dell’ultracentenaria ditta lombarda potrebbe così entrare anche Sweet, issatasi nel corso degli anni ai vertici mondiali nella produzione e distribuzione degli ovetti di cioccolato con sorpresa: inattaccabile la leadership mondiale di Ferrero, l’azienda fondata Manganelli – con l’invenzione dell’ovetto bicolore – era riuscita a esportare in tutta Europa i propri prodotti, confezionati nello stabilimento di via Gregorcic.
Poi, l’addio dell’imprenditore ligure Enrico Preziosi e investimenti non monetizzati avevano costituito il preludio all’inversione della china.
A contribuire a far colare a picco l’azienda è stato pure l’esborso per la realizzazione del nuovo capannone in via San Michele: Sweet ha investito 15 milioni di euro per realizzare uno stabilimento da 15mila metri quadri distribuiti su tre piani, in larga parte refrigerati, con l’acquisizione dei terreni circostanti e la messa a punto dei sottoservizi nell’area: utilizzato soltanto come deposito e mai entrato a regime, avrebbe dovuto ospitare nuove linee di produzione con l’obiettivo di espandere il business dell’azienda.
Ora, la possibile svolta, attesa anche dai 54 lavoratori ancora a libro paga della Sweet. Per stessa ammissione di Manganelli e secondo quanto fatto trapelare dal curatore fallimentare nel corso degli incontri con i sindacati, le manifestazioni d’interesse non mancherebbero: se con Lazzarini la trattativa appare già avviata, altre realtà – italiane, ma anche dal Nord Europa - si sono fatte avanti per prendere informazioni sull’attività dell’industria isontina.
Costituita nel 1994 da Manganelli, Sweet ha chiuso i battenti con una passività di oltre 19 milioni: al top della produzione, la ditta era stata capace di far uscire dai propri stabilimenti oltre 70 milioni di ovetti all’anno, scesi a 45 nel biennio 2010-2011. Poi il lento declino e lo stop, lo scorso marzo, quando complice l’esposizione è diventato impossibile per l’azienda investire nell’acquisto delle materie prime.
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