Azioni Civibank: accolto il ricorso di un ex socio

UDINE. Civibank restituirà a un ex socio la somma, perduta fino a oggi, che l’uomo aveva investito a suo tempo in azioni dell’istituto, comprandole tra l’altro ai massimi, in una forchetta compresa tra 20 e 24 euro. È quanto ha disposto l’Acf (Arbitro per le controversie finanziarie) presso la Consob. Si tratta di una delle prime decisioni del genere in Italia e la prima per quanto riguarda il Friuli Venezia Giulia. Il pronunciamento, in seguito al ricorso dell’associazione Consumatori attivi di Udine, è stato pubblicato il 2 settembre scorso e la banca, che aveva 30 giorni di tempo per farlo, ha già liquidato al risparmiatore la somma stabilita dal collegio, 8.365 euro. Se ci si rivolge all’Arbitro non sono previsti altri gradi di giudizio. Teoricamente la banca, che in questo caso è soccombente, potrebbe intraprendere la strada di una causa civile.
Il ricorrente, un uomo che vive in un comune della Bassa friulana, nel 2008 aveva deciso di comprare alcuni titoli dell’istituto, investendo un gruzzoletto di poco superiore agli 11 mila euro, corrispondenti a un pacchetto di 500 azioni. I primi anni tutto sembra procedere con tranquillità, tanto che l’ex socio gode dei lauti dividendi che la Popolare cividalese eroga in primavera, in concomitanza con l’assemblea generale. Ma poi il vento cambia, arriva la crisi finanziaria, banche Popolari ben più grandi della Cividale vanno gambe all’aria (BpVi e Veneto banca, solo per restare in area Nordest) e il sistema si inceppa. Civibank a un certo punto, vista l’impossibilità di vendita dei titoli, nel 2017 decide di collocare il proprio stock di azioni sul mercato borsistico secondario Hi-Mtf, utilizzato per la negoziazione di strumenti finanziari, che offre garanzie di trasparenza ed efficienza. Ma il problema della liquidità dei titoli non viene risolto, anche se ogni giorno viene comunque conclusa qualche compravendita.
Il risparmiatore della Bassa, però, rivuole quel suo gruzzoletto che è impossibilitato a incassare e così decide di affidarsi alle associazioni di tutela, in particolare a Consumatori attivi della presidente Barbara Puschiasis. «Mi avevano garantito che sarei stato in una botte di ferro con le azioni - dice l’ex socio - invece non è andata in questo modo. E allora ho deciso di provare la strada del ricorso all’Arbitro Consob». Una strada che si rivela più veloce rispetto ai tempi della giustizia civile o penale italiana. In poco più di un anno, infatti, (e di mezzo c’è stato anche il lockdown causa Covid 19) si è giunti al pronunciamento, il numero 2855 datato 2 settembre 2020. Il collegio, presidente Barbuzzi, componenti Rispoli Farina, Morgante, Guizzi e Afferni) accoglie parzialmente il ricorso, in quanto non viene riconosciuto il diritto a ottenere la restituzione integrale del capitale investito (11.750 euro) ma accerta che «la documentazione versata in atti dall’intermediario - che è costituita unicamente dall’ordine di acquisto - non è idonea a dimostrare che il resistente (la banca) abbia assolto l’obbligo di fornire una informazione adeguata in concreto e tale da consentire al cliente di compiere una consapevole scelta di investimento. Il modulo d’ordine non reca infatti alcuna informazione sulle caratteristiche e sul grado di rischio delle azioni in oggetto, limitandosi a dare atto unicamente della posizione di conflitto d’interessi in cui versava il resistente e a segnalare, peraltro in maniera generica, che si trattava di azioni non quotate che “risultano di non facile liquidabilità in caso di necessità”».
«Accertato l’inadempimento - si legge nel documento scritto dell’Acf - il quale è dotato di sicura rilevanza causale nella produzione del danno, giacchè può ritenersi in applicazione del principio del “più probabile che non” che se l’intermediario avesse correttamente assolto gli obblighi informativi, il ricorrente si sarebbe astenuto dal procedere all’investimento - si deve procedere alla liquidazione del danno stesso». «Dando continuità ai criteri elaborati per vicende analoghe - conclude il Collegio Acf - il danno può essere liquidato in misura pari alla differenza tra il capitale investito e il valore delle azioni che il ricorrente può ritrarre dalla vendita delle stesse». Dal conto complessivo l’Acf ritiene che debbano essere detratti anche i dividendi che l’ex socio aveva incassato durante gli anni «in quanto essi rappresentano utilità direttamente conseguenti all’investimento contestato». Dunque dalla somma iniziale di 11.562 euro deve essere sottratto il valore potenziale delle 500 azioni pari a 3.100 euro (al prezzo di 6,20 euro per azione) e i mille euro di dividendi percepiti. Il danno complessivo così ammonta a 7.462 euro, a tale importo deve aggiungersi, a titolo di rivalutazione monetaria, la cifra di 902 euro, per un totale di 8.365 euro.
Da Civibank solo qualche parola per commentare l’accaduto. «Si tratta di una vicenda che ha uno scarso significato - spiega la presidente dell’istituto Michela Del Piero - . Abbiamo davvero pochissimi casi di ricorsi, si contano sulle dita di una mano e in passato li abbiamo quasi tutti vinti, solo un paio si sono risolti a favore dei ricorrenti. In questa ultima vicenda relativa all’arbitrato Acf forse c’era stata una mancanza di documentazione a supporto dell’investimento. Ma ripeto, si tratta di un problema molto poco rilevante». —
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