Banca di Vicenza e Veneto banca, in arrivo il nuovo piano: servono altri 5 miliardi

Incerti i conti sull’aumento di capitale che sarà però superiore rispetto alle prime stime. Confermata la scadenza a fine mese. Il 21 a Vicenza convocato il Cda per la fusione

PADOVA. L’obiettivo è arrivare al traguardo entro una settimana, al massimo dieci giorni. Se i contatti con la Commissione europea proseguiranno in maniera proficua come è stato finora, il nuovo piano di Veneto Banca e Popolare di Vicenza sarà pronto pochi giorni prima della fine del mese, data limite che si erano dati nelle scorse settimane il fondo Atlante (azionista di riferimento) e il management.

Nella giornata di ieri si sono rincorse le voci su un aumento di capitale più consistente dei 3 miliardi di euro ipotizzati fino ad ora, con la soglia che potrebbe salire a 4 o forse anche 5 miliardi, secondo un’ipotesi richiamata (tra gli altri) dal Financial Times.

Secondo quanto è stato possibile ricostruire, in realtà, non è ancora possibile definire la cifra del rafforzamento patrimoniale dato che è ancora in corso il confronto con le autorità comunitarie per classificare i crediti non più in bonis. Di certo c’è, e lo ha confermato nei giorni scorsi anche il numero uno di Quaestio (la sgr del fondo Atlante) Alessandro Penati, che finora non vi sono state frizioni con l’Unione Europea.

I risanatori e i controllori si muovono nella medesima direzione, orientati a chiudere una volta per tutte i conti con il passato e rimettere i due istituti lungo i binari della crescita.

«Il problema non è trovare un miliardo in più sul mercato, dato che la liquidità abbonda», spiega un analista. «Di fronte a un piano serio, cioè con prospettive di redditività credibili, gli investitori non mancherebbero».

A questo proposito va segnalato che non hanno trovato riscontri nemmeno i rumors che vorrebbero lo Stato come azionista di maggioranza post-aumento di capitale. Atlante ha ancora in cassa 1,8 miliardi di euro, che non saranno più destinati all’operazione Npl sul Montepaschi.

«A questo punto credo si possa valutare l’impegno nell’equity delle banche venete», ha spiegato Penati, precisando che «ormai se ne può parlare come una banca unica, dato che l’Europa ci chiede di ragionare in questi termini».

Considerato che il fondo ha già anticipato oltre 900 milioni come acconto in vista del rafforzamento patrimoniale, il suo impegno nell’operazione sarà oltre quota 2,7 miliardi.

Dunque, anche qualora l’aumento fosse di 4 o addirittura di 5 miliardi, resterebbe il primo azionista, con lo Stato (che può contare su oltre 13 miliardi di dotazione dopo l’impegno su Mps) che resterebbe quindi in posizione di minoranza.

Questa condizione, spiegano fonti di mercato, sarebbe importante per mantenere in una logica privatistica il nuovo istituto che nascerà dalla fusione.

La messa al punto del piano conterrà anche indicazioni sul destino delle quote detenute in Arca (complessivamente il 39,9%). Bper, già prima azionista della Sgr con il 32,2%, ha interesse e disponibilità finanziarie a rilevare la partecipazione che Atlante cederebbe volentieri proprio per ridurre l’importo del rafforzamento patrimoniale.

Solo che prima di presentare l’offerta l’istituto emiliano attendeva di capire le prospettive delle banche venete. Una volta chiarito l’orizzonte non dovrebbe essere particolarmente difficile trovare un accordo sul prezzo, dato l’interesse di tutti a chiudere il deal.

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