Bancarotta, condannati i costruttori Vidoni

Per il crac Firmo Sibari gli ex vertici della società accusati di avere distratto milioni di euro. Nei guai anche Franco Soldati

I soldi, da un certo momento in poi, presero la strada della “Vidoni spa” e da lì non tornarono più indietro. Milioni di euro senza i quali la “Firmo Sibari società consortile a rl”, che dello storico colosso di costruzioni friulana era una controllata, finì per imboccare la via del dissesto economico. Con il risultato di essere dichiarata fallita il 1° giugno 2016. Un epilogo guardato con sospetto dalla Procura, che, considerata anche la “fratellanza” tra le due aziende, ritenne di riconoscere in quelle operazioni i prodromi del crac. Ieri, il giudice per l’udienza preliminare ha condannato gli ex vertici della società.

La sentenza è stata pronunciata al termine del processo celebrato su richiesta delle difese con rito abbreviato. Il gup, ritenendo gli imputati responsabili della sola ipotesi della bancarotta per distrazione - reato nel quale ha considerato assorbita l’ulteriore bancarotta per operazioni dolose -, ha inflitto 3 anni e 4 mesi di reclusione l’uno ai fratelli Marco e Giuliano Vidoni, 57 anni e di Udine il primo, 74 e residente a Grado il secondo, chiamati a rispondere in qualità, rispettivamente, di presidente e di amministratore di fatto della Vidoni (a sua volta fallita il 28 ottobre 2016), e 2 anni e 8 mesi a Franco Soldati, 59, di Udine, quale consigliere delegato. Tutti assolti, invece, dalla bancarotta preferenziale.

Il dispositivo prevede anche il risarcimento del fallimento, costituitosi parte civile con l’avvocato Massimo Zanetti, con liquidazione in separata sede del danno - che il legale ha indicato in 14 milioni di euro, corrispondente alla somma distratta -, ma provvisionale immediatamente esecutiva di 1 milione di euro. Il pm Paola De Franceschi aveva chiesto 4 anni per Giuliano Vidoni e 3 anni l’uno per Soldati e per Marco Vidoni. I difensori, che avevano insistito invece per l’assoluzione, hanno preannunciato appello.

«La Firmo Sibari e la Vidoni erano due realtà inscindibilmente collegate – ha sostenuto l’avvocato Luca Ponti, che assiste Giuliano Vidoni –, visto che la prima non aveva capitale sociale e neppure dipendenti e macchinari e prendeva tutto quel che le necessitava dalla seconda». Un’evidenza che trova conferma nell’origine stessa di Firmo Sibari, costituita nel 2013 al solo scopo di eseguire i lavori di adeguamento della Salermo-Reggio Calabria affidati dall’Anas all’Ati formata dalla Vidoni con il Consorzio stabile grecale. «Se l’Anas avesse regolarmente pagato alla Vidoni quanto dovuto, riserve comprese, le somme sarebbero rientrate».

L’avvocato Maurizio Conti, difensore degli altri due imputati ha spiegato: «Grazie alle risorse anticipate da Firmo Sibari, tutti finanziamenti soggetti a restituzioni e non erogazioni a fondo perduto, Vidoni continuò a mantenere la propria operatività. Inoltre, il puntuale pagamento di retribuzioni e contributi ai dipendenti – ha concluso il legale – le permise di mantenere la propria regolarità contributiva, in mancanza della quale Anas avrebbe dovuto per legge sospendere i pagamenti degli stati di avanzamento lavori che venivano corrisposti a Firmo Sibari». —

BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto