Bancarotte nella "galassia" Uanetto: i titolari risarciscono e patteggiano

Mortegliano: i due fratelli erano stati indagati dopo il fallimento dello storico salumificio e di altre tre società. La difesa: «Nessuna distrazione, ma solo trasferimenti di risorse da un’azienda all’altra per risollevarle»
Morrtegliano 28 febbraio 2013 iuanetto Copyright Petrussi Foto Press /turco
Morrtegliano 28 febbraio 2013 iuanetto Copyright Petrussi Foto Press /turco

MORTEGLIANO. Un anno e nove mesi di reclusione per Oscar Uanetto, e due anni, con il beneficio della sospensione condizionale, per sua sorella Lilia Maria: si è chiuso così, con il patteggiamento delle pene davanti al gup del tribunale di Udine, Francesco Florit, il procedimento penale per una serie di bancarotte fraudolente che la Procura di Udine aveva avviato a carico dei due imprenditori all’indomani della dichiarazione di fallimento delle attività che amministravano: il “Salumificio F.lli Uanetto & c snc”, il “Ristorante Napoleone srl”, la catena “Erre Zeta srl” e il prosciuttificio “Vecchio Sauris srl”.

Nel valutare la congruità della pena concordata tra le parti - il procuratore aggiunto Raffaele Tito, per l’accusa, e gli avvocati Antonio Rigo e Angela Di Marco, per la difesa -, il giudice ha tenuto conto anche dell’offerta di versamento di somme di denaro «a favore delle procedure concorsuali, a parziale soddisfazione del debito creato dalla gestione delle aziende di cui i fratelli erano titolari».

A pesare nella decisione di non concedere anche a Oscar Uanetto, 67 anni, di Mortegliano, la sospensione condizionale della pena, sono stati invece «il precedente (di natura fiscale, ndr) e il maggior ruolo gestionale».

L’inchiesta ruotava attorno all’ipotesi che, in concorso tra loro (la sorella Lilia Maria ha 53 anni e risiede a Castion di Strada), nei rispettivi ruoli ricoperti nelle varie società, ne avessero dissipato uno dopo l’altro i patrimoni. Tesi che la difesa ha contrastato o, quantomeno, ridimensionato, insistendo sulla bontà e buona fede delle operazioni contestate.

«Se siamo arrivati al patteggiamento – ha affermato l’avvocato Rigo – è perchè è emerso chiaramente come non ci sia stata alcuna distrazione, ma soltanto trasferimenti infragruppo, nel tentativo di salvare le aziende della galassia Uanetto con le risorse ora dell’una e ora dell’altra. Per sollevare l’impresa, anzi, i fratelli Uanetto non avevano esitato a investire tutti i beni a loro disposizione».

Le contestazioni più pesanti, sul piano contabile, riguardavano la Uanetto (dichiarata fallita nel gennaio 2014). Prima del tracollo, in qualità di soci illimitatamente responsabili, «avrebbero agito in modo imprudente, ben conoscendo le difficoltà economiche, se non già di conclamata insolvenza, in cui versava il salumificio».

In particolare, le indagini della Guardia di finanza avevano evidenziato come, tra il 2011 e il 2012, alla “Artigiana Prosciutti” fossero stati erogati 1 milione 181.310 euro, a titolo di copertura perdite, aumento di capitale e versamenti. E questo, nonostante la beneficiaria navigasse a sua volta in cattive acque.

Sospetti avevano destato anche i trasferimenti eseguiti tra il 2010 e il 2013 sia a favore della società semplice agricola Uanetto (di cui la snc deteneva il 90 per cento delle quote), per complessivi 609.916 euro, di cui 351.956 mai tornati indietro, sia della Erre Zeta, per un totale di 835.269 euro, di cui 498.725 non più resi. Sotto la lente, inoltre, prelievi dalle casse sociali, in due anni e senza giustificazione, per complessivi 585.196 euro, e finte compensazioni su finanziamenti infruttiferi realmente eseguiti a favore di familiari, per oltre 2 milioni di euro, con conseguente rinuncia di cospicui crediti.

Una contestazione si riferiva anche al contratto d’affitto d’azienda con cui, nel novembre 2013, avevano concesso in locazione alla “Corte Friulana srl” l’intera azienda a un canone mensile ritenuto irrisorio (mille euro): condizioni che, a parere della Procura, non avrebbero affatto aiutato la Uanetto a evitare il default.

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