Bar Centrale, un secolo di padre in figlio

Dal 1911 il locale di Aviano è gestito dalla stessa famiglia, una rarità in provincia. I ricordi dietro al banco di Paolo Conte

Agli avianesi il primo settembre del 1911 la frequentazione di piazza Duomo rivelò una novità: il Caffè Centrale della famiglia Conte. A 100 anni di distanza il locale vigilia ancora sul centro e, cosa molto rara, è ancora gestito dalla stessa famiglia, quasi un unicum in provincia di Pordenone. Dietro al banco quattro generazioni che hanno saputo capire le nuove tendenze e adeguarsi alle mutate esigenze degli avventori.

Il fondatore, Paolo Antonio Conte, era arrivato ad Aviano dalla Valsugana. Aveva trovato sistemazione nella casa natale di Padre Marco, avviato una produzione di cappelli - fortunata ma breve - e preso in gestione prima la locanda “Tre Corone” e poi il Caffè Aviano. Nel 1911 dalla famiglia Policreti aveva acquistato il palazzo in piazza per aprire il Caffè Centrale. Ad inaugurarlo, quel primo settembre di un secolo fa, c’erano, oltre al titolare, il figlio Antonio, nato nel 1892, e sua moglie Elvira Santin. Non solo bar, anche alloggio per i passanti, e cucina.

Probabilmente neppure loro pensavano in quel lontano 1911 di avviare una tra le più lunghe storie commerciali della provincia. «Sono nato nel 1930 – racconta oggi Paolo Conte, figlio di Antonio – e ho sempre vissuto qui. A 10 anni mi mettevano la cassetta sotto i piedi per poter arrivare alla macchina del caffè. Andavo a scuola a Pordenone in bicicletta e il sabato portavo sul portapacchi una forma di ghiaccio che serviva per la domenica, per tenere in fresca le bevande. Allora c’era bisogno di braccia per lavorare, perché si faceva tutto a mano».

Un bar che era un punto di riferimento, aveva una funzione sociale, soprattutto nei momenti difficili. Della guerra Conte ricorda «la grande paura. Eravamo tra due fuochi: i partigiani ci chiedevano vino e liquori, che noi davamo, ma facendo di tutto per non essere scoperti dai tedeschi che, a loro volta, ci chiedevano vino». Era in piazza anche al momento della Liberazione: «Arrivò una camionetta di inglesi – racconta – e come prima cosa hanno messo una bandiera sul campanile perché così dall’alto i piloti sapevano che il paese era stato liberato. Subito dopo vennero da noi a lavarsi e rifocillarsi». Proprio al Caffè Centrale fu fondato il Comitato di liberazione nazionale di Aviano.

Di storie che raccontano un altro modo di vivere ce ne sono tantissime: Paolo Conte ricorda le “manate” che davano gli agricoltori per suggellare il contratto di vendita di campi o animali, che allora valevano più di una carta scritta. E poi le tecnologie che stupivano: «Avevamo il telefono pubblico – ricorda – e io dovevo andare in bicicletta ad avvertire chi riceveva una chiamata». Alla fine degli anni Trenta l’evento eccezionale: la prima telefonata dall’America. «Era una donna della famiglia Merlo – spiega – che aveva sposato un americano. Andai a chiamare i suoi parenti annunciando la telefonata: stettero dalla mattina alle 8 al bar e si diedero il turno per tutto il giorno perché ci fosse qualcuno al momento della chiamata. In serata suo padre e i suoi fratelli riuscirono a parlare con lei».

Gli anni Cinquanta e quelli del boom economico hanno visto cambiare le abitudini degli avventori: «Prima in tre o quattro chiedevano la bottiglia di vino – ricorda Paolo –, poi la gente cominciò ad avere più disponibilità e a consumare anche altro. Iniziammo a proporre la cioccolata calda che le persone comuni volevano assaggiare, anche se erano un pò timorosi per paura di essere considerati estrosi». Al Caffè Centrale in quegli anni arrivarono i primi gelati Algida e parallelamente le granite.

Un locale che, strano a dirsi ad Aviano, ha sempre lavorato con la gente del posto: «Con gli americani non abbiamo fatto grandi affari – spiega Paolo -. Mio padre non avrebbe mai accettato risse e baruffe, ci teneva molto alla dignità del locale. Venivano qui, ma non per ubriacarsi».

Nel 1960 il locale è passato a Paolo, che si sposò con la goriziana Ines (da cui ha avuto i figli Mauro, Fabio e Antonella) «indispensabile con il suo lavoro e il suo sacrificio. E’ come se avessi fatto 13 al Totocalcio». Infine le scommesse del sabato sulle partite di calcio: al Caffè Centrale c’era la fila per giocare “alla Sisal” come si diceva un tempo, con vincite milionarie.

I tempi sono cambiati, nel 2000 Paolo Conte ha lasciato le redini al figlio Mauro e a sua moglie Maria Grazia. zUn tempo la gente passava di qui a mezzogiorno per bere l’aperitivo e per confrontarsi - conclude - e anche la sera, la gente aveva voglia di parlare. Adesso c’è il mordi e fuggi, tutti hanno fretta». Nuovi stili ai quali il Caffé Centrale si è adeguato.

Donatella Schettini

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