Bardelli denuncia le banche: «Truffato per 7,5 milioni di euro»

Inchiesta della Procura di Udine dopo la querela dell’imprenditore per presunte irregolarità sui derivati. L’accusa. addebitati costi occulti e contratti rinegoziati a soli fini speculativi. Si cercano i funzionari
MARTIGNACCO 09 LUGLIO 1999. CITTA' FIERA - TELEFOTO AGENCY ANTEPRIMA
MARTIGNACCO 09 LUGLIO 1999. CITTA' FIERA - TELEFOTO AGENCY ANTEPRIMA

UDINE. Aveva deciso di negoziare con le banche alcuni contratti derivati, per garantire alle proprie società la copertura dal cosiddetto “rischio tassi” su prestiti. Così per circa nove anni. Finchè, allarmato dall’ingente entità delle somme che, dai primi contratti del 2001, avevano continuato a essergli addebitate a titolo di differenziale sui saldi contrattuali, lo scorso marzo aveva deciso di rivolgersi a una società di consulenza finanziaria. L’esito dell’approfondimento contabile aveva confermato i sospetti: i 7,5 milioni di euro che, poco per volta, gli erano stati erosi dal conto corrente altro non erano che il frutto di contratti speculativi - e non più di “copertura”, come invece inizialmente concordato - e di commissioni occulte. Antonio Maria Bardelli, legale rappresentante della “B. Holding spa” di Martignacco, a quel punto era passato al contrattacco. E, con un atto di denuncia-querela datato 24 maggio, si era presentato in Procura. Truffa aggravata l’ipotesi formulata dal procuratore aggiunto Raffaele Tito, nel fascicolo contro ignoti aperto di lì a poco sul caso e culminato ora nel sequestro preventivo del conto corrente di cui l’imprenditore è titolare alla filiale Unicredit di Treviso. Obiettivo del provvedimento, disposto con carattere d’urgenza, evitare l’ulteriore salasso di un altro milione di euro per i contratti ancora esistenti.

Gli istituti di credito. L’inchiesta è alle prime battute e la ricostruzione proposta dal denunciante è ancora tutta da verificare. Gli accertamenti sono stati delegati alla sezione di Pg della Guardia di finanza, che, a breve, provvederà anche a conferire a un consulente l’incarico di verificare le conclusioni cui era approdata la società finanziaria Finn Sim, alla quale l’imprenditore aveva sottoposto l’esame dei derivati. Tre gli istituti con i quali la holding del Gruppo Bardelli ha avuto a che fare per la stipula dei contratti: Rolo Banca, Banca di Roma e Unicredit Spa, che nel frattempo le ha assorbite entrambe. Il primo passo, ora che il patrimonio è stato messo in sicurezza, è l’individuazione dei funzionari che, di volta in volta, convinsero il cliente a ristrutturare il contratto.

Dalla stipula alla querela. È stato l’avvocato Maurizio Miculan, al quale Bardelli si è affidato per l’assistenza legale, a ripercorrere le tappe della vicenda. «I 15 contratti derivati negoziati dalla Ccdf Spa e dalla Finanziaria Bardelli spa tra il 2001 e il 2009 - spiega - avrebbero dovuto garantirle contro il rischio di oscillazione dei tassi di interesse variabili applicati ai mutui accesi con i tre istituti di credito». Nel tempo, intervengono alcune modifiche societarie: nel 2007, Finanziaria Bardelli Spa si rende cessionaria da Ccdf di tutti i contratti da questa già negoziati; nel 2008, diventata intanto Srl, attribuisce mediante scissione il proprio patrimonio alla neocostituita Finba Srl; nel 2011, Finba muta la denominazione in B Holding Spa. Nel frattempo, con frequenza sistematica, dalle banche arrivano funzionari «che - continua Miculan - rappresentano alle società asserite esigenze di chiusura anticipata dei derivati per meglio garantirle dal rischio di variazione tassi». Da qui, la sottoscrizione di nuovi contratti che, “ristrutturando” i vecchi, li vanno a sostituire. Nel 2013, finalmente, i primi sospetti e la consulenza.

Il meccanismo. Dall’analisi emerge una serie di presunte irregolarità. «Nessuno dei derivati proposti, a eccezione del primo - osserva il difensore - risulta qualificabile come strumento finanziario di “copertura”. La prassi adoperata per la chiusura anticipata, inoltre, appare finalizzata a eliminare soluzioni di continuità tra un contratto e il successivo. In realtà, le rinegoziazioni servivano a rinviare le continue e pesanti perdite subìte dalle società che, nel frattempo, si vedevano prelevare in automatico sostanziosi differenziali e ingentissime commissioni occulte».

Costi fuori contratto. Ed è proprio questo, a parere del legale, l’aspetto più grave della supposta messinscena. «La scoperta - spiega nella denuncia - dell’addebito diretto di commissioni implicite, ossia di costi occulti non evidenziati all’atto della sottoscrizione. Parliamo di oltre 3,8 milioni di euro, sui 7,5 complessivamente trattenuti». Una questione peraltro già al centro di numerose altre vertenze tra istituti di credito ed enti pubblici e molto meno frequente - se non addirittura anomala - nei casi che vedono coinvolte le aziende private. Da noi contattata, Unicredit si è detta «convinta della correttezza del proprio operato: circostanza, questa - ha aggiunto - che si ritiene emergerà anche al termine delle indagini». Considerata la tipologia di derivati finiti sotto la lente della Procura, non è escluso che l’inchiesta possa allargarsi e individuare altri potenziali clienti rimasti - in tesi accusatoria - a loro volta truffati.

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