Baristi e ristoratori consegnano le chiavi dei locali ai sindaci. Fontanini: "Le conseguenze di questa epidemia colpa della pessima gestione da parte del governo"

UDINE. “Questa mattina ho incontrato Debora Del Dò e Luca Rizzi che, a nome della categoria dei titolari di bar e ristoranti della città di Udine, mi hanno simbolicamente consegnato le chiavi del loro esercizio per protestare in maniera civile e intelligente, ma determinata contro l’assurda e pericolosa decisione del Governo di fissare la data di riapertura dei locali per il primo giugno”. Lo dichiara il sindaco di Udine, Pietro Fontanini.
“Ho ascoltato - ha aggiunto - le loro arrabbiate e allo stesso tempo commosse parole, che sono la migliore testimonianza delle difficoltà che la categoria sta affrontando ma anche della passione di chi lavora in questo settore, e ho spiegato quello che il Comune ha fatto e ha intenzione di fare, dalla sospensione della tassa sui rifiuti e sull’occupazione del suolo pubblico all’ampliamento gratuito delle superfici esterne al calmieramento dei costi degli affitti”.
“Ma non basta. Occorre che il Governo non solo permetta l’apertura immediata, almeno in realtà come quella di Udine in cui la situazione è sotto controllo, ma dica in che modo dovrà avvenire, quali saranno le misure che i locali dovranno adottare e quali azioni verranno messe in campo a livello centrale per evitare che un intero comparto diventi la vittima sacrificale di questa epidemia, con conseguenze sociali drammatiche a partire dalle famiglie dei titolari, dei gestori e dei dipendenti”.
“Udine ha dimostrato di saper gestire l’emergenza, ora pretendiamo di poter dimostrate che siamo in grado di tornare in sicurezza alla normalità”, ha concluso il sindaco.
Ed ecco il testo della lettera che è stata consegnata dai commercianti al primo cittadino
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Inutile spiegare le difficoltà che stiamo attraversando in questo periodo: da due mesi a questa parte siamo stati messi all'angolo...dimenticati. Le nostre realtà commerciali non hanno discusso quando, senza preavviso, ci è stata imposta la chiusura.
Abbiamo compreso l'emergenza sanitaria e ci siamo chiusi in casa...barricati...e nel frattempo passavano i giorni, poi i mesi e tutto continuava a tacere. Oggi, come mai, ci sentiamo presi in giro, calpestati.
Il presidente del consiglio non ci ha mai fatto ben intendere in che direzione stessimo andando ma abbiamo stretto i denti. Con rabbia ma disarmati. Ora abbiamo bisogno di voi, voi tutti, partendo dal Comune di cui lei, sindaco, è il primo cittadino.
A lei chiediamo di venirci incontro per primo. Non ci importa se secondo le università piu' prestigiose la nostra piccola Udine viene descritta come perla, una delle poche città in cui sarà piu' facile ripartire, due sole in tutto il Nordest.
Noi siamo Udine e Udine non è pronta. Con l'ultimo decreto le aperture delle attività commerciali del settore sono slittate a giugno, il primo giugno 2020. Sarebbe utile cominciare capire come dovremo muoverci: si fanno strada indiscrezioni sull'utilizzo di barriere in plexiglass, termoscanner, macchine per la sanificazione con ozono dal costo impegnativo e soprattutto il distanziamento sociale.
Il distanziamento sociale puo' esistere in realtà diverse da quelle che noi rappresentiamo: al supermercato il distanziamento potrebbe essere attuato, ma non in osteria o al ristorante.
Per antonomasia i ristoratori, quelli bravi, vendono emozioni, emozioni forse effimere ma è proprio con quella nota leggera che si creano le interazioni tra noi.
Non è possibile stravolgere realtà fatte di risate, brindisi e abbracci, snaturandole, mettendo picchetti e spruzzando amuchina. Amiamo i nostri locali come se fossero casa nostra, anzi molto di piu', sono un palcoscenico dove esibirci e accogliervi.
Vi apriamo le porte di casa. Non possiamo permetterci d'essere tristi, cerchiamo di farvi distrarre e magari un po' ubriacare per dimenticare i brutti pensieri. Ma sapete che c'e'?
C'e' che questa volta abbiamo bisogno di farci ascoltare e di essere la parte da salvare, non a parole come facciamo noi coi nostri clienti, ma coi fatti!
Ora chiediamo di ricevere quello che ci spetta. A lei sindaco chiediamo poche cose, quelle che ha il potere di gestire, non chiediamo la luna: chiediamo di avere la terra,la terra sotto ai piedi. Non possiamo continuare a pagare per ciò che ci è stato tolto!
La colpa di questa epidemia non è attribuibile ad un soggetto, ma le conseguenze tragiche sono attribuibili ad una pessima gestione da parte degli organi di governo.
Ci è stato inflitto un gran colpo, potrebbe essere l'ultimo: avete in mano il destino di un Paese. Rendendo questa lettera a cuore aperto piu' breve e sintetica le chiediamo, signor sindaco:
- aiuti economici concreti da attingere dalle casse comunali e dal fondo affitti. Si parla di oltre 9.5milioni di euro disponibili. Se i capitali ci sono debbono servire per il sostegno ai cittadini, i suoi cittadini
- chiediamo di non pagare la cosap, tassa di occupazione suolo pubblico, non servono spiegazioni sul perche' della richiesta
- chiediamo di non pagare la tari tassa sui rifiuti e nemmeno qui servono spiegazioni sul perche'
- tutti gli oneri verso il Comune debbono decadere al fine di garantirci la sopravvivenza!
Non vogliamo pagare piu' nulla! Non dobbiamo pagare piu' nulla, le carte in tavola non sono piu' quelle dello stesso mazzo e sono sparse senza criterio: siamo i figli di questa terra oltre che di una nazione che non ci rappresenta e non ci tutela...ahinoi la nazione non ci tutela da tempo e ci trascura.
L'italia, rappresentata sempre come una bella donna, ci ha girato le spalle con noncuranza e schifo. L'Italia ci guarda ma non ci vede. Lei ha il dovere di portare alla conoscenza di chi la indirizza ciò che le stiamo riportando in poche righe: stiamo camminando sul confine del baratro e qualcuno è già caduto.
Manteniamo collaboratori che non hanno ricevuto la cassa integrazione disposta da voi e che gli spetta di diritto:
sapete cosa succede se siamo "noi" a non pagare gli stipendi?
Avete idea di come arrivate a pignorare tutto? Perche'"noi" sottostiamo a tanti doveri e quando spetterebbe a voi non sembrano più cosi' importanti? "Verrano accreditati 600 € sul conto corrente...", ci avete detto. A qualcuno sono arrivati tirando un sospiro di ingenuo sollievo.
Vogliamo lavorare, ma non vogliamo aprire per chiudere dopo qualche mese divorati dai debiti e dalla frustazione del locale vuoto.
Ci chiedete sacrificio...no, il sacrifico lo dovete fare voi tutti mettenovi la mano sulla coscienza e nelle tasche.
abbiamo bisogno del denaro per vivere fino a giugno (oltre agli arretrati).
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