Bartezzaghi: «Facebook e Twitter? Ideali per irridere gli altri»
SAN DANIELE. Non appartiene a una famiglia qualunque Stefano Bartezzaghi, figlio di Piero, forse il più amato/odiato creatori di cruciverba, fratello di Alessandro, redattore della Settimana Enigmistica, e di Paolo, redattore della Gazzetta dello Sport. Eppure Stefano, giocoliere di parole, ricamatore della semantica, ha saputo ritagliarsi uno spazio tutto speciale.
Docente di Semiotica dell'Enigma e di Teorie della Creatività alla Libera Università di Lingue e Comunicazione di Milano, è ormai nome conosciutissimo non solo per le sue apparizioni a Che tempo che fa e Glob, ma soprattutto per le sue rubriche Lessico e Nuvole e Come dire, che ogni settimana punzecchiano modi di dire e di fare, frasi matte e significati travisati, manifestando una incredibile arguzia nel dimostrare che i linguaggi, e il relativo uso e disuso. davvero rispecchiano una società e un'epoca.
Tra una definizione impossibile e un mesostico fantasioso, Stefano Bartezzaghi può sembrare un enigmatico enigmista, ma in realtà è una mente capace di stupire. Così quando ci accordiamo per trovare le coordinate della sua presenza a LeggerMente, subito dice che ormai leggere è un verbo che di per sé vuol dire poco senza il suo necessario complemento oggetto.
Perché ormai si può leggere di tutto e di più. «Un'occhiata alla bacheca di Facebook, una alla timeline di Twitter, e ci si dice: la stupidità degli altri deve essere davvero lo spettacolo più affascinante del mondo. Prima lo studio delle mitologie sociali era fatalmente basato su fonti di seconda mano e sul sentito dire. Oggi su Facebook e Twitter chiunque può verificare che molto spesso chi prende la parola lo fa per additare, irridere, disprezzare, censurare, condannare, possibilmente immolare, auspicabilmente incenerire, moralmente scomunicare, indignatamente ostracizzare. Cosa? La stupidità di qualcun altro. Dalla stupidità altrui non ci distraiamo mai».
Così preoccupati della dilagante moda della stupidità ostentata, citiamo Giancarlo Marrone e la sua Stupidità: «In un mondo in cui ci sono solo stupidi, lo stupido non esisterà più poiché nessuno potrà riconoscerlo».
Come fare allora per trovare un vagito di lucidità? Leggere sì, ma (non solo) anche libri. In sé leggere può essere tutto e niente, un’azione di rigurgitante di stupidità o di rinfrancante lucidità, può essere moda o necessità. Dipende, appunto, dal complemento oggetto.
E con Stefano parliamo di libri quindi, ma evitando per benino analisi scientifiche, troppi ultimamente i tentativi di tradurre la letteratura in algoritmi: «Le tendenze della letteratura sono spiegate meglio dalla lettura che dalla digitalizzazione, dalla comprensione che dall’aggregazione di dati. Anche perché quando si è detto che Achille era irato e Otello geloso non ci si è avvicinati neppure di un centimetro a quanto, di loro e di noi, hanno saputo dirci Omero e Shakespeare. E per questo mi piace l’idea di LeggerMente di far sì che un tizio racconti qualcosa di sé attraverso libri che in qualche modo gli hanno dato consistenza».
Tra i tanti, tre di certo porterà. con sé: La cognizione del dolore di Gadda («la Lombardia, l'autoritratto impietoso, la lingua reinventata»); ci sarà posto poi per La tregua di Primo Levi («il linguaggio strangolato, la volontà umana di espressione»); e infine spaventerà il pubblico estraendo da chissà dove il monumentale e leggendario Infinite Jest di Davis Forrest Wallace («il gioco con i propri limiti, il rischio di perdere»).
Riflettendo sull’utilità del leggere libri in questo mondo alla deriva, Stefano aggiunge: «Viviamo in una cultura monologica, che non tiene conto che del proprio punto di vista, nella speranza di suscitare adesione fideistica ed emozionale: può essere che le pagine di un libro ti mettano di fronte a punti di vista diversi dal tuo, ti permettano di conoscere altre idee e sensibilità». Bella sensazione che verrà riproposta nella serata di LeggerMente, «quando sapremo se dall’uovo di Pasqua è uscito un grillo o una sorpresa!».
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