Battisti arrestato in Bolivia, uccise anche a Udine

È stato fermato mentre camminava a piedi per le vie di Santa Cruz de la Sierra. Dopo una vita in fuga sarà estradato in Italia. In Friuli uccise il capo delle guardie carcerarie di via Spalato, Antonio Santoro
Cesare Battisti l'11 febbraio 2004, il 18 marzo 2007, il 19 marzo 2007, il 10 Dicembre 2009; (S-D, sotto) il 9 giugno 2011, nel 2011, il 30 ottobre 2017, il 13 gennaio 2019 .
Cesare Battisti l'11 febbraio 2004, il 18 marzo 2007, il 19 marzo 2007, il 10 Dicembre 2009; (S-D, sotto) il 9 giugno 2011, nel 2011, il 30 ottobre 2017, il 13 gennaio 2019 .

ROMA. È stato fermato in strada, mentre camminava a piedi per le vie di Santa Cruz de la Sierra e quando gli agenti boliviani si sono rivolti a lui, non ha tentato di fuggire e ha risposto in portoghese.

È stato bloccato così Cesare Battisti, una volta che i poliziotti, su input dei colleghi italiani, hanno avuto la certezza che si trattasse proprio dell'ex terrorista dei Pac.

Una combo con le immagini da sinistra di Pierluigi Torreggiani e Lino Sabbadin (uccisi il 16 febbraio 1979), Antonio Santoro (ucciso il 6 giugno 1978) e Andrea Campagna (19 aprile 1978)
Una combo con le immagini da sinistra di Pierluigi Torreggiani e Lino Sabbadin (uccisi il 16 febbraio 1979), Antonio Santoro (ucciso il 6 giugno 1978) e Andrea Campagna (19 aprile 1978)

La cattura in Bolivia

Gli investigatori italiani erano già da una settimana in Bolivia e dopo aver circoscritto l'area in cui si trovava Battisti hanno iniziato a pedinarlo. Prima di intervenire, però, sono state fatte tutte le attività di comparazione e i riscontri visivi possibili fino a quando si è avuta la ragionevole sicurezza che fosse proprio lui.

A quel punto, nella giornata di sabato 12 gennaio, sono stati fatti intervenire i poliziotti boliviani, che lo hanno fermato in mezzo alla strada. Alle richieste degli agenti di fornire i documenti, Battisti ha risposto in portoghese dicendo di non averli e solo quando lo hanno portato negli uffici della polizia  ha fornito il suo documento brasiliano.

Potrebbe essere estradato verosimilmente lunedì in Italia Cesare Battisti dopo l'arresto in Bolivia, ma non è escluso che il rientro possa avvenire già nel corso della giornata di domenica 13 gennaio. Secondo quanto riferiscono fonti di governo, le autorità stanno valutando se l'estradizione di Battisti debba avvenire direttamente dalla Bolivia - dove è stato catturato - o via Brasile.

Gli agenti dell’Aise sono stati sulle tracce di Battisti «da subito dopo la fuga». Fonti dell’Intelligence spiegano che «da giorni gli 007 avevano individuato il rifugio del leader dei Pac in Bolivia». Poi «nelle ultime ore è arrivata la svolta che ha consentito la cattura». L’ex terrorista rossa - sempre secondo fonti di intelligence - aveva pianificato da mesi e nei dettagli la fuga dal Brasile.

Battisti si sarebbe collegato anche ai social durante questo periodo di fuga. Le indagini, infatti, sono partite proprio dai controlli su 15 tra cellulari, tablet e pc intestati a vari prestanome o riconducibili all’entourage dell’ex terrorista e da lui usati per connettersi ai social. Dai 15 supporti informatici è stata fatta una scrematura e sono stati individuati tre telefoni usati personalmente da Battisti. Quando è stato catturato, mentre passeggiava per la strada di Santa Cruz de la Sierra «camuffato» con pizzetto e occhiali neri, Battisti «si guardava sempre intorno». Forse si sentiva braccato.

L’omicidio del maresciallo degli Agenti di custodia Antonio Santoro fu commesso a Udine il 6 giugno 1978 ad opera dei terroristi del gruppo Proletari Armati per il Comunismo che ne rivendicò poi l’omicidio.

Santoro era accusato dai Pac di maltrattamenti ai danni di detenuti, in seguito ad inchieste giornalistiche specie del quotidiano Lotta Continua, che lo accusarono di abuso d’ufficio e abuso di potere. Esecutore materiale dell’omicidio fu Cesare Battisti, poi condannato all’ergastolo. Ad accusarlo fu Pietro Mutti, collaboratore di giustizia ed ex-appartenente ai Pac.

Fece fuoco in via Spalato contro il maresciallo Santoro

Testimoniò che Battisti e Enrica Migliorati (anch’essa appartenente ai Pac) attesero la vittima davanti all’uscio di casa fingendosi fidanzati. Poi al sopraggiungere di Santoro Battisti gli sparò alle spalle tre colpi di cui due mortali alla nuca. Nel volantino di rivendicazione, intitolato Contro i lager di Stato, i Pac scrissero che l’istituzione carceraria andava distrutta perchè «ha una funzione di annientamento del proletariato prigioniero» e di «strumento di repressione e tortura».

Santoro ricevette la Medaglia d’Oro al merito civile alla memoria, con la motivazione «In servizio presso la locale Casa Circondariale, mentre si recava sul posto di lavoro, veniva barbaramente trucidato in un vile e proditorio agguato terroristico. Fulgido esempio di elette virtù civiche e di attaccamento al dovere». Il 6 giugno 2007 fu intitolata a Santoro la nuova caserma della Polizia Penitenziaria di Udine.

Una vita in fuga quella di Cesare Battisti, ex membro dei Proletari armati per il comunismo, condannato in Italia per quattro omicidi risalenti agli "anni di piombo".

Da quasi 40 anni la sua vita è scandita da soggiorni in prigione ed esili all’estero sotto protezioni politiche in una continua battaglia politico-giudiziaria per sfuggire alla giustizia italiana. Nato nel 1954 a Cisterna di Latina, oggi 63enne, finisce in carcere da giovane per reati comuni e alla fine degli anni ’70 entra nei Pac, gruppuscolo armato del terrorismo di sinistra specializzato in rapine, in chiave di "espropri proletari". «Pretendere di cambiare il mondo con le armi è una stupidaggine ma a quell’epoca tutti avevano delle pistole», disse nel 1991.

Arrestato nel 1979 a Milano, evade nel 1981 dal carcere di Frosinone. È condannato in via definitiva dalla giustizia italiana per 4 omicidi tra il 1978 e il 1979, di cui due come esecutore materiale, per i quali Battisti si è sempre detto innocente.

A morire sotto i colpi dei terroristi del Pac sono la guardia carceraria Antonio Santoro a Udine, il gioielliere Pierluigi Torregiani a Milano e il macellaio Lino Sabbadin a Mestre. Questi ultimi due furono "puniti", nello stesso giorno, perchè avevano in precedenza sparato a dei rapinatori.

Il figlio di Torregiani, Alberto, allora 15enne fu ferito nell’agguato, rimanendo paralizzato. L’ultima vittima, sempre a Milano, è il poliziotto Andrea Campagna.

Dopo l’evasione Battisti fugge in Francia, dove rimane quasi un anno e conosce la moglie. Poi va in Messico, ma nel 1990 torna in Francia. Qui - grazie alla cosiddetta ’dottrina Mitterrand’ adottata dal 1982 per volere dell’allora presidente socialista, che garantisce di non estradare i militanti politici di estrema sinistra che abbiano deciso di rinunciare alla lotta armata - vive tranquillamente a Parigi, affermandosi anche come scrittore.

Ma nel 2004 il nuovo presidente francese Jacques Chirac decide di mettere fine alla ’dottrina Mitterand’ e la giustizia francese dà il via libera alla sua estradizione, nonostante a difesa di Battisti si mobiliti la comunità intelletuale parigina. Con lui si schierano nomi della "gauche" come la scrittrice Fred Vargas e il filosofo Bernard-Henri Levy e anche in Italia scatta un appello a sostegno dell’ex Pac di scrittori e registi, tra cui Tiziano Scarpa, Christian Raimo, Daniel Pennac, Vauro e Davide Ferrario.

A quel punto però la primula rossa degli "anni di piombo" si volatilizza di nuovo, fuggendo in Brasile sotto falsa identità, a suo dire con l’aiuto dei servizi segreti francesi. Il 18 marzo del 2007, dopo tre anni in clandestinità, viene arrestato a Rio de Janeiro e incarcerato a Brasilia.

Le foto segnaletiche tratte dal sito del quotidiano O globo e diffuse dalla polizia brasiliana che riguardano Cesare Battisti con la simulazione di possibili travestimenti, Roma, 16 dicembre 2018.
Le foto segnaletiche tratte dal sito del quotidiano O globo e diffuse dalla polizia brasiliana che riguardano Cesare Battisti con la simulazione di possibili travestimenti, Roma, 16 dicembre 2018.

Resta in prigione quattro anni, attua anche uno sciopero della fame, affermando di preferire di «morire in Brasile piuttosto che tornare in Italia». Roma torna a chiederne l’estradizione, ma nel 2009 il ministro della Giustizia del governo Lula, Tarso Genro, gli concede l’asilo politico, facendo infuriare l’Italia. Il 18 novembre del 2009 la Corte suprema brasiliana ne autorizza l’estradizione, ma lascia l’ultima parola al capo dello Stato Lula, che nell’ultimo giorno del suo mandato, il 31 dicembre 2010, annuncia di non voler concedere l’estradizione.

Alla sua liberazione a giugno del 2011, a Battisti viene assegnato un permesso di residenza permanente nel Paese sudamericano. La sorte di Battisti, però, è appesa alle decisioni contraddittorie della giustizia brasiliana: nel 2015 un giudice federale ordina la sua espulsione in Messico o in Francia.

Viene arrestato e scarcerato nel giro di poche ore dopo il ricorso del suo legale. A ottobre 2017 viene nuovamente arrestato, alla frontiera con la Bolivia, accusato di volere lasciare il Paese: rilasciato poco dopo, fino ad aprile del 2018 è sottoposto all’obbligo di firma e della sorveglianza elettronica. Poi le misure restrittive vengono annullate.

Vive nei pressi di San Paolo e dopo l’elezione alle presidenziali di ottobre del candidato di estrema destra Jair Bolsonaro, che si insedierà a gennaio e in campagna elettorale aveva promesso l’estradizione, Battisti è di nuovo nel mirino. Il 14 dicembre 2018 un giudice della Corte suprema ne ha ordinato l’arresto «in vista di un’estradizione». Poi, di nuovo, fa perdere le sue tracce. Fino alla cattura in Bolivia, nella notte tra il 12 e il 13 gennaio 2019.

Salvini: per troppo tempo si è goduto la vita. Cesare Battisti è stato «coccolato dalle sinistre di mezzo mondo» e «per troppo tempo si è goduto la vita». Lo dice il vicepremier e ministro dell'Interno Matteo Salvini dopo l'arresto dell'ex terrorista dei Pac. «Il mio primo pensiero - aggiunge - va ai familiari delle vittime di questo assassino, che per troppo tempo si è goduto una vita che ha vigliaccamente tolto ad altri». Cesare Battisti è un «delinquente che non merita una comoda vita in spiaggia ma di finire i suoi giorni in galera», ha aggiunto il vicepremier e ministro dell'Interno Matteo Salvini postando sui social una foto di Battisti sovrastata dalla scritta «la pacchia è finita».

Serracchiani: "Anche il Friuli vuole giustizia". "Abbiamo chiesto e atteso per anni la cattura del criminale che ha ancora sulle mani il sangue del maresciallo Santoro. Vogliamo credere che sia venuta l'ora della giustizia, dopo che per quarant'anni Battisti ha esibito il suo sogghigno e il suo disprezzo impunito davanti alle famiglie delle vittime". Lo afferma la deputata del Pd Debora Serracchiani, commentando la cattura in Bolivia di Cesare Battisti. La deputata, che a marzo di quest'anno aveva scritto al presidente del Brasile Michel Temer, affinché si esprimesse per l'estradizione dell'ex terrorista dei Proletari Armati per il Comunismo (Pac), ha ribadito "il grande rilievo esemplare che, una volta incarcerato, assumerà il caso Battisti, per rispetto verso i familiari delle vittime e quale giusta chiusura di un caso giudiziario che ci teneva legati all'epoca della lotta armata".

Fedriga: "Giustizia è fatta, grazie alle forze di Polizia". "Giustizia è stata fatta: oggi finalmente si chiude la lunga latitanza di un criminale le cui azioni hanno macchiato di sangue innocente anche il Friuli Venezia Giulia. Un risultato importante, che offre alle vittime e ai loro familiari un risarcimento morale doveroso, sebbene mai sufficiente". Lo dichiara il governatore Massimiliano Fedriga, a commento dell'arresto di Cesare Battisti.

"Ringrazio di cuore tutte le forze di polizia che hanno condotto con successo l'operazione e in particolare - aggiunge il presidente del Friuli Venezia Giulia - il vicepresidente del Consiglio e ministro dell'Interno Matteo Salvini per la determinazione e la fermezza dimostrate in questa complessa partita internazionale".

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