Bcc Manzano, chiesti 22 rinvii a giudizio
Le ipotesi vanno dal riciclaggio all’appropriazione indebita. L'inchiesta, l’anno scorso, aveva investito – fino ad azzerarli – i vertici della Banca di credito cooperativo
Tutti a giudizio, con ipotesi di reato che vanno dal riciclaggio all’appropriazione indebita e che, per otto funzionari, adombrano anche l’esistenza di un’associazione per delinquere: questa la richiesta che il pm Marco Panzeri ha presentato all’ufficio Gip del tribunale di Udine nei confronti delle 22 persone indagate nell’ambito dell’inchiesta che, l’anno scorso, aveva investito – fino ad azzerarli – gli ormai ex vertici della Banca di credito cooperativo di Manzano.
Notificato in luglio l’avviso di conclusione delle indagini preliminari ed esaminata la corposa mole delle memorie difensive e delle dichiarazioni rese in interrogatorio da quasi tutti gli indagati, il magistrato ha ritenuto di proporre le stesse accuse formulate dal collega Lorenzo Del Giudice che aveva avviato e coordinato l’attività della Polizia tributaria. Spetterà ora al Gip, al quale sarà assegnato il fascicolo in arrivo in questi giorni dalla Procura, fissare la data dell’udienza preliminare. In attesa di conoscere le decisioni del tribunale, alcuni difensori – tra i quali gli avvocati Giuseppe Campeis e Carlo Anzil – si sono già detti orientati a valutare la strada del rito alternativo, individuando nell’abbreviato o nel patteggiamento una via d’uscita giudiziaria più rapida e indolore.
Partita dagli accertamenti di natura fiscale condotti dalle Fiamme gialle nei confronti dei fratelli Daniele e Andrea Specogna, titolari dell’omonima impresa edile di Cividale e indagati per evasione fiscale (il solo Andrea) e concorso in appropriazione indebita e attribuzione fittizia dei fondi e dei titoli acquistati a soggetti inesistenti ad altri soggetti ignari di quell’attribuzione, l’inchiesta si era poi allargata fino a coinvolgere anche persone che, all’epoca dei fatti contestati – si va dal 1996 al febbraio 2010 –, ricoprivano incarichi amministrativi o di direzione in seno al Cda, agli altri organi e a diverse filiali dell’istituto di credito, a sua volta chiamato a rispondere come ente giuridico. Dalla lunga serie d’investimenti dei fratelli Specogna, che, secondo la Procura, avrebbero consentito loro da una parte l’occultamento della provenienza delittuosa del denaro e, dall’altro, il suo reimpiego e la produzione di ulteriore ricchezza, era seguita l’ipotesi del riciclaggio a carico dei bancari. Dall’ex direttore, Dino Cozzi, in giù. Indagati, insieme a lui, anche Claudio Moratti (ex direttore della filiale di Cividale), Pierluigi Mansutti (ex vicedirettore), Gianberto Zilli (ex vicedirettore), Claudio Chiandetti (ex vicedirettore), Roberto Turrin (ex responsabile area commerciale) e Giancarlo Furioso (ex responsabile Ufficio controlli): tutti accusati di avere in qualche modo sostituito od occultato la provenienza delittuosa di quelle somme e di averne poi favorito l’investimento. Un “tesoretto” che la Procura ha quantificato in oltre 4 milioni 300 mila euro.
Devono invece difendersi dall’accusa di avere ostacolato le funzioni di vigilanza della banca d’Italia Ezio Cleri (ex presidente del Cda) e Salvatore Capomacchia (ex presidente del Collegio sindacale), oltre che gli stessi Cozzi e Zilli. L’ipotesi, in altre parole, è che, dopo avere consentito sistematiche infrazioni agli obblighi di segnalazione di operazioni sospette e di identificazione dei soggetti per conto dei quali le svolgevano, i quattro indagati abbiano fornito a Bankitalia false comunicazioni. Un articolato gioco di irregolarità, del quale è chiamata a rispondere la stessa Bcc di Manzano, accusata di avere beneficiato tanto del riciclaggio, quanto delle condotte di ostacolo all’attività di vigilanza della Banda d’Italia.
Fin qui i fatti riconducibili ai fratelli Specogna. Perchè poi, nell’inchiesta, si sono aggiunti nuovi spunti d’indagine, che hanno portato all’iscrizione nel registro degli indagati di un’altra coppia di imprenditori: Raffaele Belliato e Tania Taskova Vassilieva, rispettivamente amministratori di fatto e di diritto della Agrifunghi Friuli srl e della Rila Impex srl, entrambi accusati di appropriazione indebita dalle casse delle rispettive società e dell’attribuzione fittizia di tale somma a loro familiari. Denaro “sporco” che poi, Chiandetti e Turrin avrebbero riciclato, facendolo transitare prima attraverso la Bcc e poi, da questa, anche attraverso la Amphora fiduciaria spa di San Marino, di cui era direttore Davide Bonetti, pure indagato. Simile il meccanismo seguito da Pia Gottardo e Nicoletta e Michele Blasutig, soci amministratori della Cattarossi di Blasutig Alberto & C snc, indagati per appropriazione indebita, e per Roberto Rosini (ex direttore della filiale di Moimacco) e Moratti, indagati per riciclaggio. In entrambi i casi, accuse (le stesse formulate in precedenza) anche per la Bcc di Manzano.
L’ultima e più pesante delle accuse parla di associazione per delinquere finalizzata al riciclaggio, all’omessa segnalazione agli organi di vigilanza e all’ostacolo alle funzioni di vigilanza della Banca d’Italia e investe otto funzionari e la Bcc in quanto ente giuridico: Cozzi e Zilli, considerati i capi, Chiandetti, Turrin e Sandro Soldà, in qualità di promotori dei sistemi di riciclaggio, Moratti, Rosini e Furioso, nelle vesti di bracci operativi dell’organizzazione. Insomma, una “cupola” nella cupola.
(l.d.f.)
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