Beatrice e Flavia verso le nozze: «Non nascondiamo il nostro amore»

Tra pochi giorni si uniranno con il rito civile in municipio a Terzo d'Aquileia. Le discriminazioni. Alle spalle un matrimonio e due figli

TERZO. Primo matrimonio omosessuale nella Bassa friulana, a Terzo di Aquileia. Beatrice Peroni, 47 anni, due figli avuti dal precedente matrimonio, e Flavia Negrini, 43 anni, a breve convoleranno a nozze. Il sindaco di Terzo Michele Tibald celebrerà il rito civile in municipio.

Una storia d’amore tormentata, quella di Flavia e Beatrice, che hanno dovuto combattere contro la discriminazione, i pregiudizi e la difficoltà di far accettare la loro scelta. Ora sono felici, sono riuscite a coronare il loro sogno d’amore. Non vogliono nascondersi, desiderano che tutti conoscano il loro vissuto, le motivazioni profonde che hanno avvicinato le loro vite.

Tre anni fa, Flavia e Beatrice, entrambe residenti a Terzo, si erano scambiate, alla presenza di amici e parenti, anelli e promesse davanti al sindaco.

Una cerimonia puramente simbolica, una promessa d’affetto reciproco non riconosciuta dallo Stato italiano, ma ugualmente significativa per loro. Ora la legge sulle unioni civili garantisce a Flavia e Beatrice il diritto di avere un riconoscimento giuridico per quanto riguarda il loro rapporto.

Sono finalmente felici e pronte a raccontare la loro storia. «Abbiamo iniziato a vivere assieme e a un certo punto abbiamo sentito il bisogno di ufficializzare la nostra unione – racconta Beatrice – . Ci siamo rivolte prima a un assessore comunale e poi al sindaco Tibald e la nostra richiesta è stata accolta. Non c’era ancora una legge, nel 2013, ma volevamo scambiarci una promessa d’amore. Dispiace perché la notizia non è stata accolta da tutti di buon grado. C’è stato addirittura chi ha chiamato i carabinieri per tentare di impedire la cerimonia, seppure formale. Il paese si è diviso in due, tra favorevoli e contrari».

A tre anni da quella promessa d’amore simbolica la situazione è cambiata.

«Adesso che la legge ci riconosce il diritto di ufficializzare la nostra unione vogliamo sposarci. Abbiamo deciso di non nasconderci agli altri, ma è una decisione che abbiamo maturato con il passare dei mesi. All’inizio Flavia non parlava con i suoi genitori. Ci è sembrato opportuno chiarire prima la situazione con i nostri familiari. Siamo state criticate, ma tornando indietro mi comporterei allo stesso modo. Con i miei due figli sono stata sincera fin da subito. Ho spiegato a entrambi la mia omosessualità, senza paura».

Come avete vissuto questa vostra scelta?

«Quando i miei genitori erano ancora in vita stavo con un’altra ragazza, che poi ha deciso di interrompere la relazione. Avevo 35 anni e due figli. Mi sono separata da mio marito e ho spiegato a mio padre e a mia madre il motivo. Ho provato a stare con un uomo, a fare finta che tutto andasse bene, ma non ero io. Erano anni in cui non si poteva parlare liberamente di certi argomenti. Ho tentato di fare finta di nulla, ho pensato che sarei cambiata con il trascorrere del tempo ma non è successo, continuavo a provare attrazione per le altre donne. Non potevo continuare a fingere e ho deciso di vivere la mia vita. Io per prima ho dovuto accettare la mia omosessualità. Conosco tante ragazze giovani che non hanno il coraggio di parlarne in famiglia. La cosa più difficile non è farsi accettare dagli altri, ma prendere coscienza di se stessi».

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Come è stato il rapporto con gli altri?

«Ci sono persone mentalmente aperte che accettano di buon grado l’omosessualità altrui. Per i giovani, tranne in pochi casi, è una cosa normale. Gli amici dei miei figli si sono sempre comportati con me in modo del tutto naturale. Le persone più anziani fanno più difficoltà a capire. C’è diffidenza, paura. Quando mio figlio frequentava le scuole medie è stato vittima di bullismo. Lo prendevano in giro perché aveva la mamma omosessuale. Siamo andati avanti anni così. Per fortuna mio figlio ha capito. Ricordo che mi diceva: “Mamma, tu hai una marcia in più rispetto alle altre”. È stato molto forte».

A un certo punto, tuttavia, lei è dovuta intervenire.

«Sono andata a scuola e mi sono presentata agli altri genitori come lesbica dichiarata. Mi sono sfogata e sono rimasti a bocca aperta. Qualcuno si è scusato, altri no. È stato un percorso difficile ma ora vedo la mia vita tutta in discesa, assieme a Flavia».

Argomenti:diritti civili

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