Beltrami: non ci sono prove e certezze sul metodo Stamina

Udine, parla il medico che ha sconsigliato le cure per una udinese: non lasciamo i pazienti in balia di imbonitori della scienza

UDINE. Da medico dice di essere «umanamente vicino» a quei pazienti che soffrono di malattie rare. Ma da ricercatore, uno dei più esperti nel campo delle staminali, non può affermare la scientificità del “metodo” Stamina. il professor Carlo Alberto Beltrami, docente alla facoltà di Medicina e direttore dell’istituto di Anatomia patologica dell’Azienda ospedaliero universitaria Santa Maria della Misericordia, è il consulente legale nominato dal tribunale di Udine per giudicare sul caso della paziente friulana affetta da leucodistrofia metacromatica, una malattia degenerativa che può portare alla paralisi e alla cecità. La sua relazione è stata decisiva - come abbiamo riferito ieri – per la decisione di negare le cure alla donna.

Professor Beltrami, Davide Vannoni, il presidente di Stamina Foundation, ha sostenuto che la sentenza del giudice è stata influenzata dal fatto che lei è «pregiudizialmente contro al suo metodo». E’ così?

No. Io il professor Vannoni non lo conosco personalmente. So solo che insegna materie che hanno a che fare con la psicologia. Mi sono interessato alla sua “metodologia” qualche anno fa, quando sentii che diceva di aver trovato una cura utilizzando le cellule staminali. Io mi occupo di questi temi da parecchi anni e così cercai di capire di cosa si trattava.

In che modo siete venuti in contatto?

Per curiosità scientifica volevo verificare la sua “metodologia”. E così, con il dottor Bruno Bembi, il responsabile regionale per le malattie rare, stabilimmo un contatto tramite il ministero della Sanità per controllare i metodi di isolamento e crescita delle cellule staminali mesenchimali che ci sarebbero state fornite da Vannoni. Al momento dell’invio, quest’ultimo troncò ogni rapporto.

Fino a quando il giudice del lavoro non l’ha nominato consulente legale per il caso della paziente friulana...

Sì, e anche in questo caso mi sono limitato a ribadire che non esistono prove sulla scientificità della “metodologia” Stamina.

C’è una pubblicazione del dottor Marino Andolina che sul sito della Stamina Foundation sembra essere il referente scientifico del metodo.

Sì, ma quelle tre pagine sono state diffuse da una rivista coreana sconosciuta. Anch’io ho scritto sulle staminali, ma su pubblicazioni prestigiose e quando l’ho fatto ne è nata una discussione. Lo staminologo Paolo Bianco criticava alcune affermazioni del mio lavoro, ma è così che funziona nella comunità scientifica: fai una scoperta, la proponi agli altri esperti che provano a riprodurre il tuo esperimento nel loro laboratorio. Ed è questo che manca alla “metodologia” Stamina: non è riproducibile.

Ma c’è chi sostiene che non ha effetti negativi. Perché non lasciare una speranza ai malati?

Perché parliamo di iniezioni di cellule staminali per via liquorale e non si può dire ancora quali effetti negativi possono avere. Ai pazienti sono umanamente vicino, ma proprio perché persone fragili ritengo che debbano essere tutelati dalla legge, non lasciati in balia di personaggi che non sono in grado di dare certezze scientifiche sul loro metodo.

L’altra critica mossa dai “pro” Stamina è che la comunità scientifica si sta chiudendo a riccio nel tentativo di tutelare degli interessi economici acquisiti.

Che vengano pure nel mio studio o nel mio laboratorio a vedere di quali grandi multinazionali faccio gli interessi. Ma non scherziamo: io difendo il metodo scientifico. Però non bisogna fidarsi di chi dice di avere una soluzione per tutte le possibili malattie, ma si sottrae al confronto e tratta argomenti biologici e medici senza avere nessuna preparazione scientifica.

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