Beppino Englaro: due anni senza Eluana ma in Italia ancora nulla è cambiato

A 2 anni dalla morte della figlia, Beppino critica la giornata sullo stato vegetativo del 9 febbraio. A Udine convegno con Sabina Guzzanti e il messaggio di Fo
UDINE.
È un padre che ha perso la figlia. È un padre che da due anni sta riconquistando una dimensione umana, dice. Perché sopravvivere ai propri figli è innaturale, sostiene qualcuno. Per lui era innaturale mantenere Eluana inchiodata a un letto, alimentata artificialmente, viva per altri, non per lui. Per lui era «violata da mani altrui». Per Beppino Englaro non sono passati due anni dalla morte di Eluana, a Udine il 9 febbraio 2009. Per lui sono 19 anni. «I primi 17 sono stati disumani, perché mia figlia era violentata. Gli ultimi due sono rientrati in una dimensione umana, trascorsi nella mancanza e nel ricordo di una persona che non c’è più, mia figlia. E perdere un figlio è una ferita che non potrà mai rimarginarsi».


Domani Beppino, testardo – lo si rammenta sempre – come i carnici sanno essere, resterà solo, lontano da scene e cronisti, perché in risposta al governo che il 9 febbraio ha istituito la Giornata nazionale degli stati vegetativi, lui ha scelto il silenzio. Non discute la Chiesa, men che meno le parole del vescovo di Udine Andrea Bruno Mazzocato che ha richiamato il rispetto per la vita e ha decretato: «A Udine Eluana è stata lasciata morire». È però netto quando ribadisce: «Il rispetto per la Chiesa è assoluto, ma chiedo per me altrettanto rispetto».


- Come sono trascorsi questi due anni senza Eluana?


«Sono stati 19 anni senza Eluana. I primi 17 disumani, perché mia figlia era violentata, violata da mani altrui. Adesso, da due anni, è tutto rientrato in una dimensione umana, con la mancanza di una persona che non c’è più. Aver perso mia figlia è una ferita che non potrà più rimarginarsi. So che la morte fa parte della vita, ma che Eluana fosse tenuta in quelle condizioni non faceva parte della vita. Era intollerabile, inammissibile, inconcepibile per la mia famiglia. Per 17 anni l’ho vista ogni giorno in un limbo disumano. Poi ha ottenuto il rispetto che le era dovuto».


- Perché vuole che il 9 sia la giornata del silenzio?


«Perché è inopportuno e indelicato che il governo abbia scelto il 9 come Giornata nazionale degli stati vegetativi. Peggio di così non avrebbero potuto fare».


- Le fa male?


«Ai loro livelli non scendo. Ho cercato di convincere alcuni politici che non era il caso, ma se hanno deciso così va bene».


- Ha un pensiero ricorrente su Eluana?


«Aveva un sorriso radioso che non potrò mai dimenticare. È con me sempre».


- Qual è il ricordo più nitido della sera del 9 febbraio 2009?


«Rimarrà sempre la telefonata di Amato De Monte che mi ha avvisato che Eluana se n’era andata. È stata una vera liberazione, liberazione da un incubo terrificante visto quanto i politici stavano architettando».


- Ha rimpianti?


«Di nessun genere. Non ne ho mai avuti».


- Cos’è cambiato per lei in questi due anni?


«Piano piano sto rientrando in una dimensione umana, di un padre che perde una figlia, ma che non la vede continuamente profanata e violentata. Prima ero concentrato sull’obiettivo di lasciarla andare. Adesso mi interessa informare la gente come moltissime persone mi hanno chiesto di fare, perché solo se l’hai vissuto capisci cosa significa entrare nel meccanismo infernale della medicina d’urgenza che interrompe il processo del morire. Mi impegno quindi in convegni e incontri perché tutti siano informati sui rischi che si corrono e liberi di scegliere».


- In questi due anni ha visto dei passi avanti sul tema del fine vita nella politica italiana?


«No, la politica è rimasta ferma perché c’è un disegno di legge che non tutela tutti, come dovrebbe essere, e che quindi va nel senso contrario alle libertà fondamentali. Non accetterò mai che sia un medico o lo Stato a decidere per me, perché nella proposta del governo è scritto che il dottore “non può prendere in considerazione indicazioni orientate a cagionare la morte”, cioè se chi è in stato vegetativo aveva lasciato traccia di non volere terapie a tutti i costi, ciò non dev’essere rispettato. Com’è possibile imporre scelte autorativo-coattive da Stato etico? Eluana durante una discussione, e non aveva ancora 10 anni, mi disse: “Cosa c’entri tu con la mia vita?”, perché riteneva di non essere stata rispettata. È lì che l’abbiamo battezzata “purosangue della libertà”. Finché, quindi, non ci sarà la possibilità di dire “no grazie” a qualsiasi cura, la legge non sarà una buona legge».


- È eutanasia?


«No. Quanto sostengo non è una sfida a niente e a nessuno, è la libertà di scegliere per me. Per Eluana essere lasciata morire vista la condizione in cui si trovava era la cosa più naturale del mondo. Non è eutanasia. È come quanto accaduto a Giovanni Paolo II, è stato lasciato morire».


- Il vescovo di Udine sostiene che qui Eluana è stata lasciata morire. La frattura con la Chiesa è insanabile?


«La Chiesa deve rimanere entro i propri confini dove nessuno la tocca. Il rispetto per la Chiesa è assoluto, ma rivendico per le scelte sulla mia vita lo stesso rispetto. Non accetto d’essere coinvolto in nessun convincimento confessionale, di nessuna religione».


- Domani sarà a Paluzza?


«No, rimarrò solo con me stesso».


- Saturna come sta?


«Non è un argomento di cui parlo. Venga rispettata la privacy di mia moglie».


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